Il Tribunale cantonale ha inasprito la pena nel corso del processo d'appello
ZURIGO - Detenzione a vita per lo svizzero oggi 29enne che il 30 giugno 2016 pugnalò a morte un 41enne a lui sconosciuto nel quartiere di Seefeld a Zurigo. Al processo d'appello, il Tribunale cantonale ha inasprito oggi la pena.
L'uccisione faceva parte di un piano architettato assieme a un lituano oggi 41enne conosciuto in prigione, che è stato a sua volta condannato dalla seconda istanza a 17 anni e tre mesi di detenzione.
In prima istanza, lo svizzero - conosciuto come Tobias K. - era stato condannato a 20 anni di detenzione, per assassino e altri crimini, e il lituano a 16 anni e mezzo per incitamento all'assassinio. Ora anche il lituano è stato riconosciuto colpevole di assassinio.
Il Ministero pubblico ha chiesto per entrambi gli imputati la detenzione a vita e la misura dell'internamento. La sentenza non è ancora definitiva e può ancora essere impugnata davanti al Tribunale federale.
Piano diabolico ideato in carcere - I due si erano conosciuti all'interno del penitenziario "Pöschwies" di Regensdorf (ZH), dove avevano ideato il «piano diabolico» - secondo le parole della pubblica accusa - in base al quale alla morte del 41enne, un informatico ucciso con cinque pugnalate mentre era seduto su un muretto durante la pausa pranzo, ne avrebbero dovuto seguire altre.
L'autore materiale del delitto, 23enne all'epoca dei fatti, è stato in particolare riconosciuto colpevole di assassinio, tentata liberazione di un detenuto, atti preparatori per altri assassini e ripetute infrazioni alla legge sulle armi. Il lituano è invece considerato dalla pubblica accusa la mente e il mandante dell'assassinio.
Tobias K. ha confessato l'uccisione fin dal giorno dell'arresto, ma nel corso del dibattimento di ieri davanti al Tribunale cantonale ha sostenuto di essere stato soggiogato dall'ex amico conosciuto in carcere che oggi considera un «bastardo bugiardo»: l'epiteto gli è peraltro valso un rimprovero del presidente della corte. Il suo difensore si è battuto per una riduzione della pena a dodici anni per l'accusa principale di omicidio intenzionale.
Il coimputato lituano ha invece negato ogni addebito: «Io non ho fatto nulla», ha sostenuto. Il suo legale ne ha chiesto il proscioglimento da tutte le accuse.
Vittima scelta a caso - Tobias K. uccise l'informatico di 41 anni che lavorava presso il giardino botanico di Zurigo - una vittima scelta a caso - durante un congedo dal carcere. L'arma del delitto era un coltello da cucina acquistato in un grande magazzino della città sulla Limmat.
Due giorni prima del delitto, l'ufficio del Gran Consiglio di Zurigo ricevette una lettera anonima in cui si chiedeva la liberazione del lituano. In caso contrario ci sarebbero stati dei morti: uno al giorno.
Dopo il delitto, la polizia fece sapere di essere alla ricerca del detenuto che non era ritornato nel penitenziario dopo il congedo non accompagnato. Il ricercato era in carcere dal 2014 per scontare una condanna a cinque anni e mezzo per lesioni personali, tentata estorsione e sequestro di persona.
Anche il lituano non era nuovo ai ricatti: l'uomo stava infatti scontando una condanna a otto anni di carcere per avere ricattato l'industriale Thomas Schmidheiny e le autorità di Zurigo. Nell'estate 2012 spedì alle autorità cittadine diverse lettere in cui chiedeva di farsi consegnare 100 milioni di franchi, minacciando in caso contrario di far esplodere delle bombe all'interno di scuole, asili o all'aeroporto di Zurigo.
Pistola sul darknet e passaggio in Val Vergeletto - Dopo l'accoltellamento, Tobias K. rimase introvabile per più di sei mesi. Fu rintracciato nel canton Berna il 18 gennaio 2017: la polizia bernese lo fermò nell'ambito di un'indagine sull'acquisto illegale di una pistola sul darknet. Esaminando le sue impronte digitali gli inquirenti avevano scoperto che corrispondevano a quelle del presunto omicida.
Dalle indagini è pure emerso che dopo il delitto a Zurigo, il 27enne è stato sull'Alpe Arena, in Val Vergeletto. Al momento dell'arresto, Tobias K. fu infatti trovato in possesso di un capo d'abbigliamento appartenuto a Nikola Hadziev, il bracciante macedone che lavorava in nero sull'alpeggio ticinese e di cui si erano perse le tracce il 10 luglio 2016.
Ad Hadziev apparteneva il femore trovato il 9 agosto successivo in un canalone. In Ticino l'inchiesta sul ritrovamento dei resti umani è stata archiviata nell'ottobre 2017 con un decreto d'abbandono e la conclusione che Hadziev morì per sfinimento mentre si recava a piedi sull'alpeggio. Gli inquirenti sono inoltre arrivati alla conclusione che Tobias K. è passato dall'Alpe Arena dopo la morte del bracciante macedone.