Traffico bloccato per oltre 13 chilometri. Circa 350 i dimostranti partiti a piedi da Küblis
DAVOS - Circa 350 manifestanti hanno occupato la Postplatz di Davos per chiedere giustizia climatica e la fine del Forum economico mondiale (WEF), in programma la prossima settimana nella località grigionese. Nel mirino sono finiti i potenti del pianeta e le grandi aziende.
In precedenza, attorno al mezzogiorno di oggi, i dimostranti avevano bloccato la strada nei pressi di Davos Laret. Ciò ha provocato un maxi ingorgo di oltre 18 chilometri.
Il tratto interessato è stato chiuso per circa un'ora verso mezzogiorno e il blocco è stato rimosso poco dopo le 13.00. Le 300 persone hanno poi marciato fino alla stazione ferroviaria di Davos Wolfgang, da dove hanno preso il treno per Davos Platz. Intendono ora unirsi alla manifestazione autorizzata della Gioventù socialista (GISO) sulla Postplatz intorno alle 15.00.
«Abbiamo finalmente preso lo spazio che ci spetta», ha dichiarato un loro portavoce a Keystone-ATS. I manifestanti avevano domandato di poter svolgere la loro marcia a piedi, partita ieri da Küblis (GR), sulla strada principale, ma le autorità li avevano indirizzati verso i sentieri escursionistici.
Tuttavia, hanno sfruttato al massimo la maggiore visibilità quando hanno attraversato la carreggiata a Davos Laret. La polizia non ha escluso conseguenze legali per quanto successo. Il tratto interessato è stato chiuso per circa un'ora e il blocco è stato rimosso poco dopo le 13.00.
Una volta arrivati alla Postplatz, i presenti hanno chiesto la fine del WEF, la giustizia climatica e lo stop al potere delle grandi società. Nel suo discorso, il presidente della Gioventù socialista (GISO) - una delle organizzatrici del raduno - Nicola Siegrist ha anche incolpato i «ricchi e potenti» per il fatto che il 2023 sia risultato l'anno più caldo da quando sono iniziate le misurazioni.
La questione ambientale è però passata rapidamente in secondo piano quando Siegrist ha preso una posizione chiara sul conflitto in Medio Oriente e ha invitato i manifestanti a gridare «Palestina libera». Un appello al quale non tutti hanno aderito.