L’avvocato ha chiesto l’assoluzione. L’accusa, invece, ha confermato quanto chiesto in primo grado: 18 anni e 6 mesi di detenzione.
BERNA - Non prove, ma indizi facilmente contestabili. È la linea difensiva di Simon Bloch, l’avvocato di Viviane Obenauf, pugile brasiliana condannata in primo grado a 16 anni per aver ucciso con una mazza da baseball il marito. Durante il processo di secondo grado, cominciato oggi a Berna, il legale ha contestato l’impianto accusatorio e gli inquirenti, colpevoli d’aver condotto un lavoro approssimativo e pieno di lacune. Ha chiesto, quindi, l’assoluzione della sua assistita.
«La mia cliente aveva seri problemi alla spalla. Era in malattia e non sarebbe stata in grado, in nessun modo, di sferrare i colpi». Contesta anche le riprese video fatte dalla telecamera della banca Raiffeisen: «La Cadillac ha una luce difettosa, quella di Obenauf invece non ha difetti». Poi, non sono state esaminate le scale sul retro della casa del marito: «Lui stesso aveva smarrito le chiavi, quindi non si sa con esattezza quante persone potessero entrare senza problemi nell’abitazione». Inoltre, all’ora ipotetica del delitto, il ristorante era pieno: «Difficile, quindi, per la mia cliente passare inosservata».
Infine, per Bloch, non c’è il movente: «Nessuno è riuscito a dirmi perché avrebbe dovuto compiere questo omicidio, visto che il rapporto fra i due andava bene. Perché non sono state prese in considerazione le testimonianze dei vicini in cui si raccontava d’aver visto, la notte del delitto, persone sospette vicino alla casa?».
Secondo il procuratore, invece, l’impianto accusatorio regge. Intanto, la macchina ripresa dal video «è proprio quella di Obenauf. La luce del fanale appare difettosa, ma è colpa della qualità del video». L’indagine ha evidenziato l’estrema violenza dei colpi inferti sul cranio dell’uomo. «Questo particolare è indice di emotività. E la donna, in estate, si era fatta prescrivere dal medico degli antidepressivi poiché il matrimonio andava male. Inoltre, continuava a scrivere al suo ex fidanzato».
Al termine della sua requisitoria, il procuratore ha chiesto 18 anni e 6 mesi di carcere, come in primo grado. «La donna ha commesso il delitto in modo freddo e privo di scrupoli. Oltre ad aver pianificato l’omicidio, si è prodigata per insabbiarlo. Ha usato anche il figlio per provare a crearsi un alibi».