Alla sbarra i genitori di un combattente ginevrino che dichiarava di volersi far esplodere in Svizzera
BELLINZONA/GINEVRA - L'udienza contro i genitori di un combattente ginevrino dell'Isis, sospesa a fine mattinata, è ripresa nel pomeriggio con l'interrogatorio di una testimone. La donna ha confermato di aver ricevuto una busta contenente 3'000 franchi, consegnatale dai due imputati nel maggio 2017 alla stazione di Payerne (VD).
La testimone ha detto di averlo fatto «come favore», senza sapere di cosa si trattasse. La donna non ha voluto dire a chi stava facendo il favore, perché teme per sé e per la sua famiglia.
L'accusa: sostegno all'Isis - Dopo aver discusso se tenere o meno il processo, la Corte penale del Tribunale penale federale (TPF) ha deciso di interrogare immediatamente la madre, accusata assieme al marito di aver sostenuto lo Stato Islamico (Isis). Il padre - un 70enne invalido - sarà convocato successivamente per un'udienza. Questa avverrà entro 10 giorni, come previsto dalla procedura.
Il figlio in Siria, nel giugno 2019, è stato catturato dalle forze curde e il procedimento nei suoi confronti ha luogo separatamente. Nel 2015 avrebbe spiegato di voler andare in vacanza, di essere stato «invitato». La madre ha dichiarato di non aver saputo nulla dello Stato Islamico o della Siria fino a quel momento.
Il figlio combattente - All'inizio la madre e il figlio si sentivano al telefono tutti i giorni, poi sempre meno spesso. Lui diceva di voler tornare a casa, di essersi sposato e che la coppia aveva una figlia piccola.
Il presidente del Tribunale ha poi presentato trascrizioni di conversazioni in cui il figlio parlava di farsi esplodere in Svizzera, nonché foto che lo ritraevano in posa, armato, come un combattente dell'Isis. Secondo l'imputata, sarebbe stato costretto a farlo: «forse è stato minacciato».
I versamenti - Interrogata sui versamenti per un totale di oltre 50'000 franchi tra il 2016 e il 2019, la madre ha insistito sul fatto che voleva sostenere il figlio, non la Siria o la guerra. «Volevo che potesse partire con sua moglie e il suo bambino». È a questo scopo che gli ultimi pagamenti, pari a circa 40'000 franchi, sarebbero stati effettuati mentre il figlio e la sua famiglia erano tenuti prigionieri dai curdi.
Secondo la madre, il figlio è andato in Siria contro la sua volontà. «Devono averlo minacciato che mi avrebbero fatto del male». Ha concluso che senza il suo denaro, suo figlio sarebbe stato ucciso: «è stato ingannato».