Condannato un 34enne del canton Berna. Il brutale attacco era stato messo in atto da due uomini che aveva assoldato.
BERNA - «Si è trattato di un atto di violenza senza precedenti». È con queste parole che ieri il giudice del Tribunale superiore di Berna ha condannato a cinque anni e undici mesi di carcere un 34enne della regione, giudicato colpevole di un atto premeditato e estremamente brutale. Nell’estate del 2021 l’uomo assoldò infatti due persone per far picchiare la sua ex, incinta di sette mesi, allo scopo di farle perdere il bambino.
Prima i calci, poi il taser - I due criminali, travestiti da postini, riuscirono ad attirare la donna fuori dal suo appartamento e la aggredirono selvaggiamente nella cantina dello stabile, prendendola a calci sulla pancia e utilizzando anche un taser. Per la Corte è apparso quindi evidente che l’obiettivo era l'uccisione del nascituro, che il 34enne (sposato con un'altra donna e già padre di due figli) aveva più volte dichiarato di non volere.
Autori ancora a piede libero - Fortunatamente sia il bambino che la madre sono sopravvissuti all’aggressione, è emerso in aula, ma la donna soffre di un grave disturbo da stress post-traumatico ed è ora inabile al lavoro al 100%. I due criminali che hanno messo in atto la violenza non sono inoltre mai stati individuati.
La Corte, in definitiva, non ha creduto alla tesi dell’imputato, che sosteneva di essere estraneo alla vicenda, e l’ha giudicato colpevole di tentata interruzione punibile della gravidanza e istigazione a lesioni personali gravi.
Minacce e pressioni - L’unica persona con un movente credibile, ha spiegato il giudice, è infatti proprio il 34enne, in quanto quest’ultimo aveva detto alla donna che avrebbe fatto di tutto per impedire la nascita del bambino e l’aveva ripetutamente terrorizzata, facendo pressione affinché abortisse.
Oltre ai 5 anni e undici mesi di carcere, l’uomo dovrà pagare le spese processuali e risarcire la vittima con un importo di 15’000 franchi.
Durante il dibattimento di ieri la difesa aveva chiesto l’assoluzione del 34enne, “in dubio pro reo” sostenendo che non c’erano prove della sua colpevolezza. La pubblica accusa aveva invece chiesto sei anni di carcere. Il 34enne, va precisato, era già stato giudicato colpevole nel processo di primo grado svoltosi l’anno scorso, ma aveva ricevuto una pena più bassa, pari a quattro anni e otto mesi.