Colto in flagrante, continua a lavorare per anni in una scuola. Nonostante le autorità fossero a conoscenza di chi fosse.
ZURIGO - Innocente fino a prova contraria. E così, autore di innumerevoli atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere.
Accade in quel di Zurigo. Il soggetto, che la NZZ per comodità chiama S.W., viene colto in flagrante mentre abusa sessualmente di un disabile presso la struttura presso la quale lavora. Accade nel 2018.
La struttura lo licenzia in tronco e segnala l’incidente al suo altro datore di lavoro, la città di Zurigo. Tuttavia, la Città si dimostra più indulgente. L’uomo continua a lavorare in una scuola per bambini e giovani con disabilità, assistendo persone particolarmente vulnerabili.
Durante tutto questo tempo, sia la scuola che il Dipartimento dell'educazione di Zurigo erano a conoscenza della sua storia. Gli unici all’oscuro erano i suoi colleghi, i bambini e i loro genitori.
La situazione non cambia nemmeno quando il Tribunale distrettuale di Horgen lo condanna nel 2019 per abuso sessuale e la sentenza viene confermata dal Tribunale cantonale di Zurigo due anni dopo. S.W. continua semplicemente a lavorare. E nessuno lo ferma.
Dall'inchiesta portata avanti dalla NZZ, emerge però come quest'uomo abbia continuato ad agire da predatore sessuale. Ad esempio adottando la tecnica del "grooming", strategia con cui i criminali sessuali cercano di avvicinarsi all'ambiente della potenziale vittima. Cercava infatti di guadagnarsi la fiducia delle famiglie delle sue "prede".
È il gennaio del 2024 quando una di queste famiglie legge sul giornale del un caso di abuso in una struttura del canton Zurigo. L’uomo offriva «esperienze speciali durante la doccia», appariva in mutande davanti al letto di un residente, o chiudeva le porte durante l’igiene personale, nonostante ciò fosse vietato. Diceva di lavorare nei campi estivi per bambini e ragazzi con disabilità, offerta che aveva fatto anche ai genitori della sua vittima.
Tutti gli indizi portano a S.W. Poi la conferma: la persona descritta nell'articolo è la stessa che mandava loro quei messaggi gentili.
La scuola sapeva, ma l'innocenza "fino a prova contraria" non ha permesso di intervenire. Il caso solleva dubbi sull’efficacia delle misure di protezione nelle scuole. Lasciando un interrogativo senza risposta: come si può permettere a un condannato per abusi sessuali di continuare a lavorare con bambini e persone vulnerabili?