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ZURIGO

Violentò e tentò di uccidere una donna, condannato a 18 anni

La vittima era sopravvissuta ma nel frattempo è deceduta. «Le ha accorciato la vita. Non potrà mai compensare la sofferenza causata»
Foto simbolica. Depositphotos (Tinnakorn)
Fonte ATS
Violentò e tentò di uccidere una donna, condannato a 18 anni
La vittima era sopravvissuta ma nel frattempo è deceduta. «Le ha accorciato la vita. Non potrà mai compensare la sofferenza causata»

WINTERTHUR - Aveva trascinato una donna in un campo, l'aveva violentata e abbandonata in gravi condizioni. Oggi un 24enne è stato condannato dal tribunale distrettuale di Winterthur a 18 anni di carcere per tentato assassinio e ritenuto colpevole anche di violenza carnale, coazione sessuale ed esposizione a pericolo della vita altrui. In prigione dovrà seguire una terapia ambulatoriale e, se non riuscisse a parlare di eventuali fantasie violente che potrebbero aver portato agli atti che ha compiuto, potrebbe essere internato.

La vittima della violenza è una donna di allora 63 anni, che, sopravvissuta al tentativo di omicidio, è morta nel frattempo. «Le ha accorciato la vita», ha detto il giudice, che ha parlato di «un'azione estremamente crudele».

Prima l'uomo ha abusato di lei, poi l'ha strangolata e le ha coperto naso e bocca, dicendole che l'avrebbe uccisa. Con i suoi 105 chili, è saltato più volte su di lei, molto più leggera e in pessime condizioni di salute. Credendola morta, è poi fuggito, e lei, dopo aver ripreso conoscenza, è riuscita a strisciare sino alla strada, dove un automobilista l'ha vista e ha chiamato i soccorsi. Secondo l'accusa, altrimenti sarebbe morta dissanguata entro poche ore. La 63enne presentava numerose ferite, tra cui un trauma alle vertebre cervicali, una lacerazione del fegato e diverse fratture alle costole.

Il 24enne è stato arrestato una settimana dopo. Sia secondo l'avvocato difensore che quello dell'accusa deve seguire una terapia in carcere. Un perito ha parlato di gravi disturbi psichici e di possibili fantasie di omicidio o stupro, che il giudice ritiene indispensabile che possa confessare in prigione. «Non potrà mai compensare la sofferenza che ha creato», ha aggiunto. I parenti della vittima avranno un risarcimento.

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