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BERNA

Figlia uccisa nel bosco, la madre tenta di ribaltare il verdetto di omicidio

Il ritrovamento del corpo della piccola E., nel febbraio del 2022, aveva scosso il Paese. Oggi il primo giorno del processo d'appello
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Fonte red
Figlia uccisa nel bosco, la madre tenta di ribaltare il verdetto di omicidio
Il ritrovamento del corpo della piccola E., nel febbraio del 2022, aveva scosso il Paese. Oggi il primo giorno del processo d'appello

BERNA - Per l'accusa gli indizi erano schiaccianti. Quella compiuta dalla madre è stata un'«eliminazione spietata». Per queste ragioni, lo scorso giugno, il Tribunale di primo grado di Berna-Mittelland condannava MA*, accusata di aver ucciso la sua figlia di 8 anni in un bosco vicino Berna, all'ergastolo. Oggi la donna*, 33 anni, è ricomparsa davanti al Tribunale cantonale di Berna tentando di ribaltare la sentenza.

La vicenda, che ha scosso l'intero Paese, risale al febbraio 2022, E.* (inizialmente chiamata Lisa dai media), veniva trovata morta nei boschi di Könizberg. Secondo la sentenza di primo grado, la madre l'ha uccisa ferendola a morte con una pietra da otto chili.

Il ricorso - Ma la donna, che nega di aver compiuto l'atto efferato, ha voluto ricorrere in appello. La difesa chiede un esame più approfondito delle prove e una rivalutazione degli indizi, tra cui i dati dei telefoni cellulari, le dichiarazioni dei testimoni e le tracce di un cane poliziotto. La 33enne si considera vittima di un errore giudiziario. Ciò, nonostante le 16 prove che la inchioderebbero, tra cui dichiarazioni contraddittorie e proprio i dati dei telefoni cellulari che la donna chiede di riesaminare.

Un movente non chiaro - Vero è anche che non sono state identificate prove schiaccianti. Non solo, il tribunale di prima istanza non è stato capace di determinare un movente chiaro. Tuttavia, secondo la Corte, la mamma single - sopraffatta dalle responsabilità - avrebbe agito per ragioni puramente egoistiche. Tra le varie ipotesi anche quella di voler ritrovare la propria libertà e potersi così rifare una vita con un nuovo partner.

La testimonianza della nonna - La prima persona ad essere sentita oggi è la nonna della piccola. La donna, apparsa tesa, ha ripercorso le ore che hanno preceduto il ritrovamento della bambina.

Fattosi tardi e visto che E. non stava rientrando, quella sera era andata a cercarla assieme alla figlia. Dopo aver girato per le strade del quartiere, le due donne avevano deciso di dare un'occhiata nel bosco, prima di allertare la polizia. Proprio tra le piante, ad attirare la loro attenzione, era stata la giacca della bambina.

«Ci siamo avvicinati e abbiamo visto che E. giaceva a terra», racconta. Quindi «tirato su il cappuccio, abbiamo visto che era coperta di sangue». A quel punto avrebbero allertato i soccorsi, mentre la madre di E. continuava a chiedere cosa non andasse nella figlia.

«Una morte insensata», così, a tre anni di distanza, la donna descrive quanto accaduto alla nipote. Per la nonna, interpellata dal giudice, potrebbe essersi trattato di vendetta. Magari da parte di un ex fidanzato della figlia.

Parla la madre - È quindi la volta della mamma della bambina. La donna ha spiegato di trovarsi in uno stato emotivo «complesso». «Non puoi semplicemente dimenticare», ha aggiunto. Questi mesi dietro le sbarre l'imputata si sarebbe dimostrata «amichevole, collaborative e perbene», ha fatto notare la Corte.

Da referto, inoltre, vengono esclusi gravi disturbi psicologici, nonostante qualche episodio depressivo. «L'avrei descritta più come tristezza che come depressione», chi ha tenuto a precisare la donna.

La sua ricostruzione sembra combaciare con quella della madre. Le due donne avevano scelto di andare e cercare la bambina nel bosco perché è lì che c'era il suo nascondiglio segreto (questo dettaglio è stato confermato anche dalla nonna di E.).

Dal sollievo all'orrore - Avvistata la giacca, la donna ha ricordato di aver avvertito un senso di sollievo. «Ero sollevata». Poi, però, l'orrore. «Ho visto che era coperta di sangue. L'ho scossa, ma senza nessuna reazione». La madre ha pronunciato queste parole piangendo, prima di ritornare a quei momenti. Al telefono le avevano detto di provare a rianimare la bambina. «Eravamo in uno stato di tale shock, di trance, che non siamo riuscite a farlo».

Quindi ha raccontato del tempo interminabile prima che, alla stazione di polizia, le dicessero che «non si poteva più fare nulla per salvarla».

Il nascondiglio segreto - La Corte ha voluto soffermarsi sul significato di quel nascondiglio segreto. «Era più una tenda indiana che una casa nella foresta», ha spiegato la donna. Ma il giudice si è voluto concentrare sul significato di "segreto": «Non per me», ha fatto notare l'imputata. «Era solo un posto dove giocare con altri bambini». La donna ha aggiunto anche di aver raccontato a sua madre del nascondiglio, senza spiegare dove fosse di preciso, dicendo solo che era nel bosco.

Sulla frequenza con la quale visitava quel posto, invece, non ha voluto rispondere «per non dare informazioni errate». Nonostante sia stata incalzata, avendo precedentemente fornito risposte a questa domanda, la donna si è rifiutata di fornire dettagli: «Durante gli interrogatori, ogni volta che dicevo di non ricordare mi veniva chiesto finché non rispondevo qualcosa. Non voglio più farlo», ha tagliato corto.

La Corte però vuole ricostruire esattamente i momenti in cui l'imputata ha visitato il nascondiglio nella foresta. Durante un precedente interrogatorio, aveva dichiarato di esserci stata «venerdì, lunedì o martedì».

Pertanto, il giudice vuole sapere se il 25 gennaio, tra la scuola della figlia e l'allenamento di karate, la donna si era recata nel nascondiglio senza cellulare. Ancora una volta, però, la donna ha risposto di non saperlo.

La pietra e le tracce di DNA - A sei metri dal luogo del ritrovamento era stata trovata una pietra con tracce di sangue e capelli di E. Inoltre, era stata individuata una traccia di DNA dell'imputata. Secondo la Corte, è presumibile che questa pietra sia stata l'arma del delitto.

Per l'imputata, quel sasso era stato trovato dalla figlia mentre si dirigeva verso il nascondiglio nel bosco. «La voleva assolutamente, per questo l'ho portata fin lì», è la sua versione.

Ha poi ricordato di essere stata lei a far notare il sasso a una poliziotta, dopo il ritrovamento». «Perché preoccuparsi della situazione delle tracce meno di 24 ore dopo il ritrovamento di sua figlia?», le ha chiesto il giudice. «Per aiutare», è stata la risposta della madre della bambina.

«Dichiarazioni contraddittorie» sulla pietra - «Voleva semplicemente avere la pietra accanto alla capanna», ha afferma MA. L’oggetto avrebbe dovuto servire come ciotola per gli animali.

Secondo il giudice, in passato, l'imputata ha rilasciato «dichiarazioni contraddittorie» riguardo alla pietra. In un primo momento ha detto di non averla più toccata dopo averla portata lì. Successivamente, però, ha dichiarato di averla spostata più volte.

Il testimone 12enne - Un testimone, un ragazzo che all'epoca aveva 12 anni, ha dichiarato di aver visto MA. due volte il giorno del delitto. Ed era assieme alla figlia. Tra l’altro, ha affermato di averle viste camminare ai margini del bosco. «Non l'ho mai visto in vita mia», ha ribattuto l'imputata, continuando a sostenere di essere rimasta a casa quel giorno.

«Come ho già detto, non ho ucciso mia figlia» - La Corte ha infine messo l'imputata di fronte a i due possibili moventi indicati nella sentenza di primo grado: «Come ho già detto, non ho ucciso mia figlia», ha ribadito la donna. «Mia figlia era la cosa più importante per me».

Quello del disordine in casa - ha poi aggiunto - era un argomento sì all'ordine del giorno, ma non aveva nulla a che fare con un eventuale sovraccarico emotivo. «Perché E. è dovuta morire?», ha chiesto il giudice. «Non ha senso, non c'era alcun motivo», è stata la risposta della madre.

La donna trova difficile attribuire il delitto a qualcuno. Tuttavia, non esclude del tutto che possa essere stato il suo ex, già menzionato dalla madre. «In tal caso, sarebbe per vendetta», ha ipotizzato descrivendo il comportamento dell'uomo, dopo la morte della bambina, come «molto, molto strano».

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