Pena calmierata per la donna che, nel febbraio del 2022, tolse la vita alla figlia di 8 anni e che era stata condannata al carcere a vita.
BERNA - Non più carcere a vita, ma pena ridotta a 18 anni con l'accusa di omicidio. Oggi pomeriggio, il Tribunale cantonale di Berna si è espresso sul caso M.A.*, la 32enne già condannata in prima istanza alla detenzione a vita per l'uccisione, compiuta tre anni fa nella foresta di Könizberg (BE), della figlia di otto anni.
L'avvocato difensore aveva chiesto l'assoluzione, mentre l'accusa chiedeva l'ergastolo. Lunedì scorso la donna era ricomparsa davanti al Tribunale cantonale di Berna per sostenere la sua innocenza.
L'indagine - è stato confermato - ha prodotto una «grande quantità di prove» che dimostrano la colpevolezza della donna. A partire dalla pietra su cui è stato trovato il sangue della bambina e che è ritenuta l'arma del delitto. O il nascondiglio nella foresta nel quale sono state trovate solo tracce dell'imputata e della vittima. Anche le dichiarazioni poco chiare su quella pietra sono indice si colpevolezza: all'inizio aveva dichiarato di non averla spostata, poi aveva detto di averlo fatto.
«Queste contraddizioni e questa superficialità» hanno portato la Corte a credere che abbia mentito. Tutto ciò, più le tracce di DNA su quel sasso sono indizi che portano ad un unico possibile autore.
Al contrario, si sono dimostrate coerenti le dichiarazioni dei testimoni. In primis quelle del 12enne che ha confermato di aver visto la donna e la bambina aggirarsi nei pressi del bosco il giorno del delitto.
Sulla base dei dati di telefonia mobile, inoltre, è stata rilevata una pausa più lunga nel tardo pomeriggio. Non vi è alcuna prova che l'imputata fosse in casa in quel momento e l'orario di questa pausa coincide perfettamente con il momento in cui la donna è stata avvistata dal 12enne.
C'è poi la questione del nascondiglio segreto: nonostante un post dell'imputata ne parlasse, è presumibile che nessun altro adulto ne conoscesse la posizione.
Vi sono poi le dichiarazioni rilasciate dalla donna che, subito dopo la scoperta del corpo, si è preoccupata di riferire alla polizia di averlo toccato, in modo tale da giustificare la presenza di sangue sulle sue mani. «Non ci si aspetta che una persona non coinvolta in un crimine, e vicina alla vittima, rilasci simili dichiarazioni», ha sottolineato il giudice.
Infine le ferite riportate dalla bimba e che dimostrano come non vi sia stata alcuna resistenza. Così come il cappuccio con il quale le era stato coperto il capo, come al voler nascondere alla propria vista il gesto compiuto. Tutto ciò indica che l'autore conosceva la bambina.
Sembra che l'imputata abbia toccato il "punto più basso" nel gennaio 2022. La bambina aveva anche dichiarato prima del crimine che sua madre la vedeva come un «ostacolo». Le condizioni abitative della donna e il suo rapporto con la figlia sono altri indizi della sua colpevolezza.
La sentenza non è ancora definitiva e può essere impugnata davanti al Tribunale federale.
I fatti e la condanna in prima istanza - Il corpo della bimba era stato trovato in quella foresta nel febbraio 2022, non lontano da dove viveva con la madre. La 32enne fu arrestata poco tempo dopo. Già nella sentenza di primo grado si era ritenuto che la donna avesse colpito la figlia con una pietra, fino a ucciderla.
Non essendoci prove evidenti del delitto, nell'estate del 2024, il Tribunale regionale di Berna-Mittelland aveva dovuto basarsi su prove indiziarie. Alla fine, però, i vari pezzi del puzzle raccolti avevano portato a emettere un verdetto di colpevolezza inequivocabile per assassinio.
Secondo il Tribunale di prima istanza, era dimostrato che la madre avesse attirato la figlia nella foresta con un pretesto, in un piccolo nascondiglio fatto di rami che avevano costruito insieme. Lì ha compiuto l'atto efferato utilizzando la grossa pietra. Su quest'ultima sono stati trovati sangue e capelli della bambina, oltre a una traccia di DNA della madre.
Il tribunale di prima istanza non era stato in grado di identificare un chiaro movente per il reato, ma i giudici avevano ipotizzato un movente fortemente egoistico. La donna avrebbe ritenuto più facile rifarsi una vita con un nuovo partner senza la figlia. Oppure avrebbe voluto sbarazzarsene sopraffatta dal peso di essere una mamma single.
*nome noto alla redazione.