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SVIZZERAIn Governo e Parlamento bisognerà «indicare tutte le nazionalità»

10.06.21 - 12:28
Il Consiglio nazionale ha approvato un'iniziativa parlamentare di Marco Chiesa.
Ti-Press
In Governo e Parlamento bisognerà «indicare tutte le nazionalità»
Il Consiglio nazionale ha approvato un'iniziativa parlamentare di Marco Chiesa.
La proposta, invisa alla sinistra che ci vede un «intento discriminatorio», dovrà ora essere accettata anche agli Stati.

BERNA - In futuro sia i parlamentari che i membri del Consiglio federale dovrebbero essere obbligati a dichiarare se possiedono più nazionalità. Lo ha deciso oggi il Consiglio nazionale per 115 voti a 64 e un'astensione approvando un progetto che realizza un'iniziativa parlamentare di Marco Chiesa (UDC/TI). Il dossier va agli Stati.

Contrario alla modifica dell'ordinanza sull'amministrazione del Parlamento il campo rosso-verde, secondo cui la trasparenza sulle nazionalità ha un intento discriminatorio volto a ingenerare il sospetto che vi siano cittadini di serie "A" e cittadini di serie "B".

Secondo Greta Gysin (Verdi/TI), autrice di una proposta di non entrata nel merito poi respinta per 102 voti a 62, la trasparenza sulla nazionalità invocata dai promotori dell'iniziativa non rappresenta un interesse pubblico, come per esempio i legami d'interesse con associazioni economiche o imprese, che possono effettivamente condizionare l'operato di un deputato tenuto conto delle somme che girano.

L'intento dell'iniziativa, secondo la consigliera nazionale ecologista - sostenuta nelle sue argomentazioni dal PS - è invece tendenzioso poiché suggerisce l'esistenza di un conflitto di lealtà tra chi è Svizzero per nascita e chi non lo è ma lo è diventato per scelta. Insomma, l'idea che si vuol far passare è che chi possiede anche un'altra nazionalità non sia adatto a rappresentare il paese, ha sostenuto Samira Marti (PS/BL). Per Irene Kälin (Verdi/AG), con questa modifica dell'ordinanza stiamo imboccando una strada pericolosa.

Per Marco Romano (Centro/TI), invece, l'indicazione della nazionalità rappresenta un dato rilevante. Il ticinese, assieme ad altri oratori, ha rinfacciato al campo rosso-verde un atteggiamento contraddittorio, dal momento che questo schieramento politico si erge a paladino della trasparenza ogniqualvolta si tratti di far luce sui legami d'interesse degli eletti, fino a chiedere l'origine dei proventi derivanti da attività che nulla hanno a che fare col mandato del popolo, mentre si tira indietro su questo aspetto.

Stando a Tiana Moser (Verdi liberali/ZH), l'intento discriminatorio denunciato dalla sinistra è «tirato per i capelli». A suo parere, invece, il fatto che si dichiari l'esistenza o meno di più nazionalità è positivo ed ha un effetto propedeutico poiché farà crescere nella popolazione la consapevolezza che molti cittadini svizzeri - uno su quattro - possiedono anche un secondo passaporto. Si tratta di un arricchimento, secondo la consigliera nazionale zurighese, che non fa che illustrare l'apertura e la forte connessione del Paese con l'estero.

Nel suo intervento a favore dell'iniziativa, Damien Cottier (PLR/NE) ha tuttavia giudicato l'esclusione dei consiglieri federali dal progetto una contraddizione che non ha ragion d'essere. La sua proposta d'includere anche i membri dell'esecutivo nella modifica dell'ordinanza è stata accolta per 96 voti a 79.

Stando a Cottier, non è inutile sapere se un eletto ha una seconda nazionalità, specie per chi è membro di una delegazione che cura i rapporti con altri paesi esteri. Non è poi un caso che i diplomatici svizzeri con doppio passaporto non vengano inviati in Paesi con i quali esiste un legame emotivo. E tale ragionamento viene esteso anche alle consorti.

Al termine del dibattito, il plenum ha anche stabilito - 175 voti a 4 - di stralciare dall'ordinanza l'obbligo d'indicare anche un indirizzo postale. Il motivo? Evitare l'invio di corrispondenza non richiesta e fare in modo che i parlamentari vengano molestati al domicilio. Si tratta insomma anche di una questione di rispetto della vita privata e di sicurezza. Per comunicare con gli eletti l'indirizzo di posta elettronica dovrebbe bastare.

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COMMENTI
 

vulpus 3 anni fa su tio
Sono completamente ignorante in materia, ma mi sembrerebbe logico che chi si integra e vuole il passaporto CH, ne tenga solo uno e basta. Sopratutto poi se ha accesso alle alte cariche per le quali poi spergiura di rispettarle e servirle.

volabas56 3 anni fa su tio
Piu' che giusto!

Tato50 3 anni fa su tio
Era ora !!!!!!!
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