A dirlo è l'alto diplomatico elvetico Thomas Greminger, secondo cui in Europa c'è stabilità solo con la Russia e non andandole contro
BERNA - Anche senza essere un mediatore ufficiale, la Svizzera può incoraggiare con discrezione il dialogo fra Mosca e Kiev. A dirlo è l'alto diplomatico elvetico Thomas Greminger, secondo cui in Europa c'è stabilità solo con la Russia e non andandole contro.
Berna può fare molto dietro le quinte, si dice convinto Greminger, che dirige il Centro di politica di sicurezza a Ginevra, finanziato principalmente dalla Confederazione. Le parti in conflitto «non vogliono mediatori di tipo classico», fa notare in un'intervista rilasciata all'edizione odierna della NZZ am Sonntag.
Il centro sta lavorando sulla questione dello status e delle garanzie di sicurezza che l'Ucraina dovrà avere in futuro. «Abbiamo fatto in modo che i due belligeranti fossero informati delle proposte», aggiunge il diplomatico. Tuttavia, finora non si è giunti ad alcun risultato politicamente rilevante.
In ogni caso, continua il 62enne, per la comunità internazionale e per la Svizzera è un vantaggio che Berna resti neutrale. Anche gli interlocutori russi apprezzano la sede di Ginevra e sono molto più pragmatici di quanto suggerisca la posizione ufficiale, assicura.
Stando all'ex segretario generale dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), la Svizzera deve fare di più in campo umanitario e per la ricostruzione dell'Ucraina. Nello specifico, dovrebbe mostrarsi più generosa nell'accogliere i rifugiati.
Per l'esperto, la fine della guerra non è in vista, anzi, «lo scenario più probabile è il proseguimento di un conflitto lungo e intenso come quello a cui stiamo assistendo». A un certo punto comunque, i costi rischiano di diventare troppo elevati, il che renderebbe necessario un piano B.
Greminger evoca «possibilità teoriche di compromesso», come cedere temporaneamente dei territori occupati alla Russia, per poi negoziarne la restituzione una volta cambiato il potere al Cremlino. In fin dei conti, afferma il diplomatico, tutto si riassume a una domanda: le parti preferiscono una guerra molto lunga e costosa o la fine del conflitto, anche se insoddisfacente?