Il Consiglio federale ha risposto in maniera lapidaria a una mozione di Marco Chiesa.
BERNA - Tutti i progetti attuati finora da diversi Stati europei per eseguire le procedure d'asilo all'estero sono falliti. È la lapidaria risposta del Consiglio federale a una mozione di Marco Chiesa (UDC/TI), con cui si chiede, tra l'altro, di realizzare centri di aiuto e protezione fuori dalla Svizzera con l'obiettivo di combattere la tratta di esseri umani e le attività dei passatori, nonché migliorare l'aiuto in loco.
Stando al Consiglio federale, inoltre, la posizione della Svizzera coincide anche con le più recenti decisioni dell'UE concernenti la riforma del patto europeo sulla migrazione e l'asilo, che mira a velocizzare le procedure d'asilo, trattare le domande infondate alla frontiera esterna dello spazio Schengen e a ridurre la migrazione secondaria nello spazio Dublino, ma non prevede di delocalizzare le procedure in paesi terzi con cui i richiedenti non hanno alcun legame personale.
Non è la prima volta che il governo viene interrogato sul tema da parte di consiglieri nazionali e "senatori". La risposta è sempre stata la stessa: negativa. Il governo crede infatti che una delocalizzazione delle procedure d'asilo in paesi terzi porrebbe questioni giuridiche complesse e grandi sfide sul piano politico e operativo anche perché il diritto di presentare una domanda d'asilo e il rispetto del principio di non respingimento sono garantiti sia dal diritto internazionale sia da quello nazionale.
Circa i progetti di alcuni governi europei di trasferire all'estero le domande d'asilo, ebbene sono «tutti falliti», scrive l'esecutivo. Ad esempio, il progetto danese non è stato finora attuato; qualche mese fa il governo di Copenaghen ha ufficialmente congelato i relativi piani. Circa il Regno Unito, benché siano stati messi a disposizione, quale investimento iniziale, 120 milioni di sterline (134 milioni di franchi) nel quadro di un nuovo fondo per sostenere lo sviluppo in Ruanda, finora Londra non ha trasferito alcun richiedente l'asilo in questo paese africano.
Il primo volo di ritorno, previsto per il 14 giugno 2022, è stato annullato sulla base di decisioni di tribunali britannici su casi individuali e della misura cautelare decisa il medesimo giorno dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Quest'ultima, stando al Consiglio federale, ha tenuto conto in particolare delle riserve formulate dall'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati, secondo cui i richiedenti trasferiti in Ruanda non avrebbero accesso a una procedura equa ed efficiente ai fini dell'accertamento della qualità di rifugiato.
Inoltre, questi timori sono stati di recente confermati dalla Corte di appello d'Inghilterra e del Galles, secondo la quale il Ruanda non può essere considerato un paese terzo sicuro e il pertinente progetto dell'esecutivo britannico è quindi illegale.