Diverse le proposte per trovare una quadra ai conti dello Stato. Sul piatto anche un tetto al limite al numero di collaboratori a te
BERNA - A fine gennaio, Karin Keller Sutter era stata chiara: la Confederazione deve stringere la cinghia. E tra le misure contemplate nel piano di risparmio miliardario, rientra anche il taglio delle risorse umane in seno all'Amministrazione federale. Un tema al centro dei dibattiti dei partiti elvetici. Secondo quanto riportato sulle pagine della Nzz è in corso un nuovo tentativo per frenare l'aumento dei costi del personale a livello federale. E mentre il Consiglio federale negozia tagli e risparmi con le associazioni del personale, PLR e UDC fanno pressione a livello politico.
Solo lo scorso fine settimana, il presidente del PLR Thierry Burkart ha proposto di imporre un limite massimo al numero di posizioni a tempo pieno nell'amministrazione. Si tratterebbe di una sorta di «freno amministrativo» secondo cui il Parlamento potrebbe tentare di limitare il numero di posti di lavoro attraverso dei tetti massimi, come faceva in passato. Burkart tramite il SonntagsBlick ha criticato soprattutto il livello dei salari a livello federale, perché l'anno scorso il salario lordo medio per un posto a tempo pieno ha superato il limite di 130.000 franchi. Per Burkart l'idea è «degna di essere esaminata».
Le associazioni di categoria contro Keller-Sutter - Con il suo importante pacchetto di sgravi, il Consiglio federale propone di ridurre le spese amministrative del 2-3% rispetto a quanto precedentemente previsto. Non è ancora chiaro dove e come il Consiglio federale intenda realizzare esattamente i risparmi.
Intanto, dietro le quinte, le discussioni sono davvero accese. Da una parte ci sono le associazioni del personale, guidate dalla consigliera nazionale del PS Barbara Gysi. Dall'altra l'Ufficio del personale e il suo capo supremo, la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter. I sindacalisti la accusano di aver lanciato il segnale sbagliato riguardo al fatto che il personale federale se la passi troppo bene.
Dove si intende snellire - Malgrado le trattative siano ancora in corso, due misure generali sono state già stabilite. Per il 2026, il budget includerà un adeguamento all'inflazione dello 0,5% anziché dell'1%. E i fondi per i premi rendimento saranno ridotti per tre anni.
Inoltre pare che i punti più contestati siano finora tre: la settimana di ferie aggiuntiva per gli ultrasessantenni, che attualmente hanno diritto a sette settimane di ferie all'anno; i premi fedeltà e il piano di gestione del fondo pensione per le categorie salariali medie.
Una riduzione "naturale" - Il Consiglio federale sembra comunque deciso verso misure di risparmio per 200 milioni di franchi. Obiettivo che si raggiungerà riducendo "compiti e migliorando l'efficienza" tagliando posti di lavoro, stando al progetto di consultazioni. Tagli che, secondo Berna, potrebbero portare a una riduzione fino a 500 posti a tempo pieno. Anche se al momento non sarebbero necessari licenziamenti: la riduzione potrebbe essere completamente assorbita con le fluttuazioni naturali e favorendo i pensionamenti.
Insomma, l'ondata di pensionamenti a cui l'economia svizzera sta assistendo si sta verificando anche nell'amministrazione federale. Un'opportunità da cogliere per snellire «in modo socialmente responsabile», come detto tempo fa da Serge Gaillard, responsabile dell'amministrazione finanziaria.
Tagli con un basso impatto - Difficilmente però questi risparmi avranno un impatto significativo sul bilancio federale. Le spese amministrative incidono solo per il 15% del bilancio totale. Degli 80 miliardi che la Confederazione spende attualmente ogni anno, 67 miliardi sono costituiti da trasferimenti, contributi e sussidi di ogni tipo. Il denaro va ad AVS, Cantoni, ferrovie, autostrade, università, agricoltura e altro ancora. Per il Parlamento è quindi difficile effettuare tagli in questo ambito.
Per capire meglio a quanto corrisponderà l'entità di risparmio bisognerà però aspettare fino a maggio, ossia quando si concluderà la consultazione sugli sgravi. Atteso poi il referendum. Saranno gli elettori, molto probabilmente, a dire l'ultima parola.