Primi risultati per l’associazione Durga, che cerca di valorizzare terreni abbandonati ad alta quota. Il coordinatore del progetto: «Grande esperienza di integrazione»
BOSCO GURIN - Un’antica tradizione ticinese riscoperta e riadattata grazie anche al lavoro di due rifugiati afgani. Dopo oltre 100 anni, ritorna il pane di segale a Bosco Gurin. Merito dell’associazione Durga che, da circa una dozzina di mesi, sta cercando di valorizzare una serie di terreni abbandonati, in alta montagna, con coltivazioni sperimentali. «Salviamo questi appezzamenti e coltiviamo i nostri prodotti senza fertilizzanti chimici», ribadisce Lino Tomamichel, coordinatore del progetto.
E, intanto, lo scorso 24 settembre, dal forno a legna del villaggio walser, sono uscite le prime pagnotte con la segale coltivata in loco, a 1750 metri di altitudine. «Un piccolo miracolo – ammette Tomamichel –, che chiude alla grande il nostro primo anno di attività. La ricetta del Rogga Broot è profondamente legata a questo territorio. Nel corso dei decenni sono andati persi i dettagli della preparazione di questo pane. Diciamo che l’abbiamo reinventata, cercando di ispirarci alle tracce che avevamo a disposizione. È stato il panettiere Matteo Bonzanigo, esperto di forni a legna, a concretizzarla. Il pane, per ora, l’abbiamo prodotto in forma limitata, circa una cinquantina di esemplari. E l’abbiamo venduto al mercato. Per il futuro vedremo».
Un traguardo centrato anche grazie alle fatiche di Mirzad e Sacki, richiedenti l’asilo che hanno lavorato sui campi, al fianco di Tomamichel. «Due ragazzi eccezionali. Ora si godono le meritate vacanze. È stato un grande esempio di integrazione. Torneranno a primavera. Hanno sempre dimostrato molta sensibilità verso le usanze locali». Tomamichel guarda oltre. «Non ci siamo limitati alla segale. Abbiamo coltivato patate, lenticchie, veccia, grano saraceno, orzo, lupino da caffè, varie spezie aromatiche e erbe medicinali. E in vista del prossimo anno tenteremo anche la via dello zafferano».