GastroTicino lamenta un'assenza di aiuti dai Comuni e incalza: «A rischio 12mila collaboratori»
LUGANO - Quello della ristorazione è certamente uno dei settori che maggiormente hanno accusato il colpo inferto dalla pandemia di coronavirus. A rischio, come sottolinea oggi GastroTicino, sono «migliaia di posti di lavoro, decine di milioni di indotto, e la sopravvivenza dei ristoranti, bar e grotti» ticinesi.
Ciò nonostante, fa notare l'associazione di categoria, alla richiesta di aiuto avanzata a tutti i Municipi del Cantone il 9 marzo, sono state pochissimi i feedback positivi (poco più di una quindicina di comuni).
Proprio per questa ragione e visto l’esiguo numero di risposte, le Sezioni regionali di GastroTicino hanno deciso di prendere nuovamente posizione all’indirizzo dei Comuni ticinesi spedendo una lettera nella quale si insiste sulle richieste già avanzate (che riportiamo qui di seguito):
- esenzione dal versamento della tassa base sui rifiuti;
- esenzione dal versamento della tassa sull’utilizzo del suolo pubblico e i tributi sulle insegne;
- prevedere tempi di pagamento più lunghi per i tributi scoperti di loro competenza;
- non appena la situazione migliorerà, favorire il rilancio delle attività legate al settore, riducendo tasse e balzelli;
- ridurre i vincoli legati agli eventi e manifestazioni locali quando sarà il momento di tale
rilancio.
Un passo, questo, che per GastroTicino è ormai «improcrastinabile poiché il settore della ristorazione e dell’albergheria è tra i più importanti a livello economico, generando normalmente un indotto e un ritorno economico alle varie regioni del Cantone di svariate centinaia di milioni di franchi, molti dei quali alimentano anche le casse comunali».
Un settore che, è sotto agli occhi di tutti, vive ormai una situazione disperata: a oggi sono infatti oltre 6 le settimane di chiusura totale con, sottolinea GastroTicino, «un futuro a dir poco incerto per i 12’000 collaboratori colpiti dalla crisi a livello cantonale».
«I vostri/nostri grotti, che tutti decantano come orgoglio regionale e non - conclude l'associazione di categoria -, non possono più aspettare a lungo perché la stagione, in parte già persa, sarà sempre più corta, con la conseguenza che non sarà possibile mettere fieno in cascina per affrontare un inverno tradizionalmente di chiusura. Rischiamo, quindi, di perdere un patrimonio culturale incalcolabile!»