Le preoccupazioni riguardano soprattutto la ripresa dell’11 maggio
Ma Touring Club Svizzero e Associazione Traffico e Ambiente spiegano cosa potrebbe alleggerire le strade dal ritorno massiccio di frontalieri, genitori che portano i figli a scuola e lavoratori residenti
LUGANO - «Ci sarà un collasso viario mai visto in Ticino». I tecnici cantonali temono che l’uscita dal lockdown possa portare alla paralisi delle strade. Nessuno lo dice ufficialmente, ma questa è la previsione che circola e abbiamo raccolto dagli addetti ai lavori.
Il mix fatale - Almeno tre sono i fattori che fanno prevedere il caos: il primo è costituito dal ritorno massiccio dei frontalieri in Ticino, concentrato tutto su gomma e su singoli veicoli (visto che la condivisione dell’auto non rispetterebbe le regole). Treni e più in generale mezzi pubblici - per timore di contagio - potrebbero essere evitati anche dai residenti per recarsi al lavoro. Terzo elemento, non il minore, i genitori che dall’11 maggio porteranno i figli a scuola in auto. La salvezza? Ci si affida al bel tempo che potrebbe incentivare l’uso di moto, scooter, biciclette e mobilità lenta.
Puntare su home office - Più ottimista appare Laurent Pignot, portavoce del TCS per la Svizzera romanda e italiana: «Alcuni senz’altro passeranno dal treno all’auto. Ma d’altro lato molte aziende continueranno a lavorare in home office anche durante la seconda metà del mese di maggio». Sugli effetti positivi del lavoro a distanza fa affidamento anche il consigliere nazionale Bruno Storni, che è vicepresidente nazionale dell’Associazione traffico e ambiente (ATA): «Chi potrà continuerà a lavorare da casa. Per cui non credo ci sarà un assalto neppure ai mezzi pubblici. Farò un atto parlamentare a Berna affinché si valuti come promuovere in futuro il telelavoro al di là dell’attuale pandemia. Sempre in un’ottica di minor traffico».
Promuovere gli inizi scaglionati - Da sviluppare, secondo Storni, «sono inoltre gli inizi scaglionati sul posto di lavoro. Anche questo diminuirebbe la pressione sui mezzi pubblici». Treni, ad esempio, dove già oggi Storni sale con la mascherina per recarsi oltralpe: «Nei paesi asiatici, dove hanno contenuto l’epidemia senza lockdown, parlo di Giappone, Taiwan, Hong Kong, sui trasporti pubblici si è continuato a viaggiare con l’obbligo della mascherina. In Svizzera interna ne vedo pochi usarla sul treno».
I rischi per il TCS - Anche per Pignot del TCS le riaperture, in particolare quella dell’11 maggio, potrebbero essere gestibili dal profilo del traffico: «Quando è iniziato il lockdown non c’era di fatto una situazione di saturazione. C’erano i soliti ingorghi ma nulla di eccezionale. Ci fosse un ritorno a questo passato noi non vediamo un grandissimo problema». Tutto tranquillo? Al contrario, il TCS vede rischi più concreti nel fatto che «ci saranno conducenti che riprendono l’auto dopo due mesi senza guidare. A ridosso dell’11 maggio richiameremo l’attenzione proprio su questo aspetto degli automatismi dimenticati».
Il lungo stop si fa sentire - Ma a soffrire il lungo stop, continua Pignot, sono anche le stesse vetture: «Restare ferme per diverse settimane può essere molto nefasto per le automobili. Soprattutto se sono rimaste all’aperto. Si possono trovare anche guasti inattesi. Ad esempio, i cavi rosicchiati da qualche animale». Infine, altro fattore di pericolo, il mancato cambio delle gomme estive: «Con quelle invernali lo spazio per fermarsi da 100 km/h a 0 aumenta di 30 metri».