Suicidio assistito: accompagnamenti ridotti a causa del Covid-19. Case anziani blindate
Ernesto Streit di Exit Ticino: «S'incrina il diritto all'auto-determinazione». Il caso di due anziani
LUGANO - In tempo di pandemia - strano a dirsi - c'è chi di morire avrebbe anche voglia. Ma non può. È il caso di un'ospite ultra-centenaria residente in una casa anziani del Sottoceneri, ad esempio: dopo essersi rotta un femore, nelle scorse settimane ha fatto richiesta di accompagnamento al suicidio tramite l'associazione Exit. Risposta: impossibile. Causa Covid-19.
Calo di suicidi - Anche nel Sopraceneri i volontari di Exit si sono visti negare l'accesso a una casa di riposo, dove erano stati chiamati da un malato terminale di cancro. La motivazione, sempre la stessa: «Le norme di contenimento dei contagi impongono di limitare gli accessi dall'esterno». Non è un caso quindi che, negli ultimi due mesi, i suicidi assistiti in Ticino siano calati. «Rispetto ai nostri numeri normali abbiamo registrato un calo negli accompagnamenti» spiega a tio.ch/20minuti il portavoce di Exit Ticino Ernesto Streit.
Vietato morire - Il motivo? Non tanto la voglia di vivere, quanto l'impossibilità di morire. Molte case anziani con l'epidemia hanno "chiuso le porte" al suicidio assistito, lamenta Exit. «Ogni struttura si regola a modo proprio. Alcune hanno permesso da subito l'accesso ai nostri volontari. Altre non lo permettono ancora oggi, nonostante l'allentamento» osserva Streit.
«Diritto negato» - È un problema per l'associazione no profit. Exit è attiva da oltre 30 anni in Svizzera, dove ha oltre 130mila iscritti. Il diritto all'autodeterminazione e a una vita dignitosa «sono i nostri principi cardine, sanciti anche dalla costituzione» ricorda Streit. «Ma in questa fase questi diritti si sono di fatto incrinati».
Mesi difficili - I volontari della "dolce morte" non si sono fermati con il Covid, beninteso. Come altri operatori sanitari - fisioterapisti, assistenti di cura - in Ticino hanno continuato ad operare a domicilio «prendendo tutte le necessarie precauzioni». Mascherine, guanti, contatti limitati. Le nuove regole si sono aggiunte al severo protocollo abituale: il farmaco letale viene preparato ma non somministrato al paziente, che lo assume in autonomia. E in pieno possesso delle sue facoltà mentali.
Il virus non aspetta - Quest'ultimo punto è il più delicato, proprio con i malati di Covid. «Abbiamo ricevuto delle richieste da pazienti contagiati che avrebbero preferito il suicidio assistito, per evitare un accanimento terapeutico» spiega ancora Streit. «I tempi di questa malattia tuttavia sono poco compatibili con i nostri tempi tecnici. La nostra regola è che la decisione deve essere ben ponderata, inoltre la preparazione burocratica e medica richiede almeno due o tre settimane». Il coronavirus non aspetta tanto.
L'alternativa: sedazione - Una volta ricoverato in ospedale, il paziente non è visitabile. «Senza parlare dei malati che perdono conoscenza o finiscono in coma, per i quali naturalmente non possiamo fare nulla» precisa il direttore di Exit Ticino. «In queste situazioni la sedazione e l'accompagnamento palliativo sono tuttavia una valida alternativa».
Soluzioni di ripiego - È il destino toccato, ad esempio, all'anziano malato di cancro in una casa anziani sopracenerina. Per la ultra-centenaria del Sottoceneri invece «dovremo attendere un allentamento delle misure, oppure organizzare un trasferimento fuori dalla casa anziani» precisa Streit. Una soluzione, quest'ultima, difficoltosa e «per nulla dignitosa».