Il più grande rimpatrio della storia ha riportato in Svizzera quasi 7.000 persone a bordo di 33 voli.
I ticinesi Lenny Danelon e Sofia Ferraro hanno preferito rimanere all'estero.
LUGANO - Il più grande rimpatrio della storia ha riportato in Svizzera quasi 7.000 persone a bordo di 33 voli per far fronte all'allarme Covid-19, ma i ticinesi Lenny Danelon e Sofia Ferraro hanno preferito rimanere all'estero.
A 19 anni ci vuole coraggio ad affrontare il pericolo del coronavirus a quasi 19.000 km da casa, nel cuore della Nuova Zelanda, o nella Berlino più osservata della Germania. Lenny e Sofia, che con questa scelta hanno voluto proteggere anche le loro famiglie in Ticino, ce l'hanno fatta e il loro soggiorno linguistico si è trasformato in una grande esperienza di vita.
Auckland subito blindata - «Sono arrivato ad Auckland il 22 febbraio 2020 – precisa Lenny Danelon di Gordevio – e quando è scattato l'allarme ho osservato l'evolversi della situazione. La Nuova Zelanda ha reagito in maniera responsabile e tempestiva, c'era subito disinfettante ovunque e tutti gli operatori a contatto con il pubblico erano muniti di guanti e mascherina, separati da una barriera di protezione in plexiglas. Il lockdown, dal 25 marzo al 14 maggio 2020, è stato rigido, ma è stato osservato con ordine grazie alla responsabilità di ognuno. Ho capito che ero al sicuro, rientrare in Svizzera sarebbe stato altamente rischioso».
Berlino più flessibile - Sofia Ferraro ha scelto una meta più vicina, ma il 17 marzo 2020, quando la Germania ha ordinato la chiusura, pure lei ha deciso di rimanere a Berlino. «Il giorno stesso dell'inizio del lockdown – fa notare la studentessa di Tenero – ho iniziato con le lezioni online e devo dire che mi sono state di aiuto. Inoltre, la capitale non è stata completamente blindata e gli spostamenti limitati hanno aiutato gli abitanti ad affrontare con una certa serenità la situazione. Da parte mia, ho evitato ogni spostamento con i mezzi pubblici, il pericolo di contagio era alto comunque. Un ritorno a casa, in aereo o in treno, avrebbe amplificato questo rischio».
Salute e ambizioni - Sofia è figlia unica e vive con la mamma Patrizia. «Le ho detto che non volevo mettere a repentaglio la sua salute, anche perché si occupa di mia nonna Wanda che ha 92 anni. La mia famiglia ha capito che la scelta giusta era quella di restare a Berlino e l'ha approvata».
Lenny, dal canto suo, è conquistato dalla sua esperienza in Nuova Zelanda. «È sempre stata la meta dei miei sogni, fin da piccolo. Mi affascinano i suoi paesaggi e la cultura maori. È anche questo viaggio culturale e di studio che mi ha fatto riflettere prima di decidere un rientro in Svizzera. Il mio volo di ritorno resta fissato per il 12 giugno 2020».
Per Sofia la lingua tedesca rappresenta un arricchimento per entrare nel mondo del lavoro, lei che spera di trovare un'occupazione nell'ambito dell'assistenza agli anziani. «In questo soggiorno ho potuto riflettere e sento di continuare in questa direzione».
Lenny ha scelto volutamente di andare all'altro capo del mondo per imparare l'inglese e «la sfida personale di allontanarmi dall'Europa mi ha fatto maturare. Il mio indirizzo professionale non è ancora chiaro, ma ora ho più elementi per focalizzarlo».
Assistenza e garanzie dietro una scelta insolita
Australia, Giappone, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Germania, Irlanda, Inghilterra. La maggior parte degli studenti ticinesi sono rientrati a casa per il coronavirus, ma c'è chi ha scelto di rimanere all'estero durante il lockdown. «Abbiamo assistito il 25% dei nostri ragazzi che hanno deciso di proseguire il loro soggiorno linguistico», sottolinea Danilo Tossut, direttore regionale delle quattro sedi in Ticino di ESL Education, che propone corsi in varie città del mondo. «Gli studenti sono stati tutelati anche quando le scuole hanno dovuto chiudere e potranno riprendere il loro programma con la riapertura».
Chi ha invece scelto di rientrare si è aggregato a quasi 7.000 persone che il Dipartimento federale degli affari esteri ha rimpatriato con 33 voli per 3974 svizzeri e 2976 passeggeri di altri Paesi. La più grande operazione della storia svizzera, costata 10 milioni e coperta fino all'80% dai viaggiatori.