Passa la legge a tutela delle lavoratrici. Ma la specialista Nora Jardini Croci Torti resta prudente.
«Bisognerà coordinarsi con Berna», dice la coordinatrice del consultorio Donna & Lavoro di Massagno. Intanto il duo Fonio-Dadò (PPD) brinda: «Vittoria dedicata a chi ha sofferto».
«Nei nostri uffici arrivano sempre più casi di neomamme licenziate». A sostenerlo è Nora Jardini Croci Torti, coordinatrice del consultorio Donna & Lavoro di Massagno. Ospite di piazzaticino.ch, racconta la sua esperienza nel giorno in cui il Parlamento ha deciso di approvare la proposta Fonio-Dadò. I due esponenti del PPD, appoggiati da PS e Verdi, chiedevano di aumentare da 4 a 12 mesi il periodo di tutela delle neomamme. «Un grande segno di civiltà».
Come si sente personalmente?
«Sono contenta. Ma non canto vittoria. Ora bisognerà coordinarsi con Berna».
Chi sono le neomamme che si presentano presso il vostro consultorio?
«Donne magari al secondo o al terzo figlio. Spesso i datori di lavoro pensano che con un solo figlio la donna ce la possa fare. In questo modo rovinano famiglie intere. Io ho tre figli e ce l’ho sempre fatta benissimo».
Lei riveste questo ruolo da 10 anni. Cosa è cambiato nel frattempo?
«Quando ho iniziato non avevamo praticamente casi simili. Con gli anni sono cresciuti. Sempre di più. Si viene licenziate senza scrupoli, al rientro dopo i 4 mesi di congedo. Magari dopo essere riuscite a piazzare il bambino all’asilo nido. È drammatico».
Ma cosa dà fastidio ai datori di lavoro?
«Ci sono tantissimi pregiudizi sul fatto che una mamma non riesca a conciliare la doppia funzione. Questo crea anche una situazione di esclusione dal mondo del lavoro. Non è facile rientrare nel giro dopo essere state licenziate».
Durante i colloqui di lavoro spesso viene ancora posta la domanda “Lei vuole una famiglia?” Cosa ne pensa?
«È discriminante. E sarebbe punibile dalla legge. Purtroppo durante il colloquio si è da sole. Mentre dall’altra parte spesso ci sono almeno due persone. Difficile dunque avere prove».
Vale quasi la pena di mentire?
«Sì. Si ha il diritto di mentire. La legge lo permette. E se poi un giorno la donna resta incinta, non ci sarà mai la controprova che quel bimbo era già desiderato all’epoca del colloquio».
Alcune aziende che licenziano neomamme hanno nomi di prestigio. Non la colpisce?
«No. Queste cose succedono proprio nelle aziende medio-grosse. E spesso le donne sentono la pressione, sanno che potrebbero essere lasciate a casa».
Economia contro socialità. Un paradosso svizzero?
«Abbiamo un diritto del lavoro che è il più liberale d’Europa, ma siamo l’unico Paese che non ha ancora congedi parentali per i genitori. Voteremo in merito a 10 miseri giorni di congedo paternità. Tutto questo non aiuta le donne. È chiaro».
C’è una storia legata alla sua esperienza che le è rimasta nel cuore?
«Quella di una mamma che ha avuto una terza figlia. Una manager in gamba. Quando ha annunciato che avrebbe allattato la bambina, e dunque avrebbe beneficiato delle pause necessarie per farlo, le hanno detto che andava tutto bene. Ma il giorno del rientro, è scattato il licenziamento. Con una contro proposta: un paio di mesi in più per la "disdetta". Lei non ha accettato. È venuta da noi. Siamo arrivate fino al tribunale d’appello, dopo quasi 4 anni, e ha vinto la causa. Oggi ha trovato un nuovo lavoro ed è felice».
Cosa consiglia alle neomamme che si trovano a vivere esperienze analoghe?
«Di informarsi sui propri diritti. Parlare subito col datore di lavoro. Trovando delle soluzioni. La gravidanza può essere un’opportunità anche per il datore di lavoro. Non bisogna perdere le competenze di queste donne, solo perché hanno avuto un figlio».
Siamo nel 2020: possibile che si debba ancora parlare di questo?
«Pensate a una donna al terzo figlio. Al fatto che la sua tristezza per il licenziamento sia poi vissuta anche dai fratellini. La posizione della donna, anche a livello di cassa pensione, con vari “buchi”, è difficile. Le donne rischiano di essere le nuove povere. Questa modifica di legge era necessaria. Ora spero che venga messa in pratica».
«Una vittoria dedicata a tutte le donne che hanno sofferto»
Grande soddisfazione, a Bellinzona, da parte di Giorgio Fonio, uno dei due iniziativisti. La vittoria giunta nel pomeriggio di lunedì era per certi versi insperata. «È un risultato eccezionale. Lo dedichiamo a tutte quelle donne e mamme che in questi anni hanno sofferto, vedendo trasformata la gioia della maternità nella tristezza del licenziamento». Contento anche Fiorenzo Dadò. «Sembrava una battaglia persa. Invece siamo riusciti a convincere la maggioranza del Parlamento ticinese. Adesso andiamo a Berna, per convincere anche le Camere Federali della bontà dell'iniziativa votata dal nostro Gran Consiglio».