Boom di imprese che cavalcano l’onda anti coronavirus. Soprattutto da quando sono subentrati gli obblighi.
Dietro le quinte di un mondo tutto da scoprire. E se a primavera, quando per avere il materiale si dipendeva dall’estero, i prezzi erano alle stelle, ora dovrebbero essere decisamente più abbordabili.
Da raccomandate a obbligatorie, perlomeno in alcuni settori. Nella Svizzera italiana è sempre più l’estate delle mascherine anti Covid-19. Dopo l'imposizione sui mezzi pubblici, da oggi è coinvolta anche la ristorazione, e se ne sta parlando anche per la scuola e per altri settori... Intanto stanno spuntando come funghi gli imprenditori che hanno visto in questa situazione, un’occasione per fare affari. A Riazzino, ad esempio, di recente è nata l’azienda LanLoc SA. «Volevamo colmare un’esigenza del mercato – ammette Andrea Locker, uno dei soci –. Abbiamo richieste dai Municipi, dalle aziende private, dalle banche, dai ristoranti, dalle cliniche».
La richiesta è in aumento – Nel frattempo LanLoc ha dato impiego a cinque lavoratori indigeni. «Produciamo le mascherine anche personalizzate. Con loghi e nomi». A Ligornetto, invece, già da aprile è attiva Timask. «Puntiamo soprattutto sulla mascherina “chirurgica” certificata – dice il responsabile Moreno Lazzaroni –. Improvvisamente tutti si sono messi a fabbricare mascherine? C’è spazio per tutti. La Svizzera è grande. Da quando in alcuni settori hanno introdotto l’obbligo della mascherina, abbiamo avuto più richieste. I nostri collaboratori sono una decina, abbiamo creato nuovi impieghi dunque».
Quei prezzi vergognosi – Ma c’è anche chi non è partito da zero. A Sementina (dove a produrre mascherine c’è anche la Farmaconsult) la Sitisa SA, ditta che si occupa di meccanica di precisione, si è lanciata su questo mercato partendo in sordina. «Il nostro percorso è iniziato a marzo – sostiene il portavoce del progetto Massimo Iannacone –. Ci siamo resi conto che il Ticino dipendeva troppo dall’estero. E per questo i prezzi delle mascherine, a un certo punto sempre più rare, si erano fatti vergognosi. Non si poteva continuare così».
Ben 60.000 pezzi al giorno – Detto e fatto. Oggi la Sitisa produce circa 60.000 mascherine “chirurgiche” al giorno. E di recente ha avanzato richiesta alle autorità per potere lavorare anche di notte. «Abbiamo un sacco di commissioni da evadere – riprende Iannacone –. In nessuna fase della lavorazione, la mascherina viene toccata con le mani. È un grande valore aggiunto per noi. Lavoriamo tanto con la Svizzera interna».
Dopo l'emergenza – Ma cosa accadrà a queste imprese quando l’emergenza sarà finalmente rientrata e le mascherine non saranno più necessarie? Se la Sitisa ha comunque già la sua missione aziendale prioritaria, diverso è il discorso per le altre due ditte citate. A Riazzino si pensa positivo. «Il macchinario che abbiamo ordinato – evidenzia Locker – è polivalente. Può essere usato anche per altre funzioni. Questo settore di mercato non è legato solo alla pandemia. In ambito sanitario, inoltre, ci sarà sempre bisogno di materiale».
Oltre le mascherine – Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda Lazzaroni da Ligornetto. «Possiamo produrre anche i vestiti destinati agli operatori sanitari. La nostra azienda va ben al di là delle mascherine chirurgiche classiche. Pensiamo anche ai dentisti. In questo ramo è importante avere abiti da lavoro consoni».