Sono 50mila le firme che il comitato "Stop Swiss Covid" vuole raccogliere contro l'app di tracciamento.
Per Alessandro Trivilini non sono stati offerti gli strumenti per comprenderla
LUGANO - «Un fallimento. Non dovevamo arrivare a questo punto». C'è delusione nelle parole del responsabile del servizio informatica forense della Supsi, Alessandro Trivilini, di fronte alla raccolta firme contro l'App SwissCovid sostenuta dal comitato romando "Stop Swiss Covid".
«Un'occasione persa - secondo l'esperto - per introdurre la tecnologia al servizio delle persone, a tutela della salute e della sicurezza». Trivilini identifica non tanto un problema a livello di "progettazione" dell'app. «Il lavoro svolto in questo senso è stato eccezionale - ci tiene a precisare -. Le difficoltà tecniche sono state risolte egregiamente. Ma non basta». Per l'informatico, insomma, questo remare contro l'app di tracciamento è conseguenza semmai di una cattiva comunicazione. «Ci deve essere un piano di alfabetizzazione - precisa -. Bisogna dare gli strumenti per comprendere. Siamo nel pieno della trasformazione digitale, ma non è con le imposizioni che si riuscirà a favorirne la diffusione».
Per Trivilini, l'app è vittima di sé stessa. «Non siamo la Cina. Va spiegato perché occorre installarla. Va spiegato anche come. Insomma, la gente deve essere correttamente informata».
Secondo l'esperto il grande assente in questo caso è proprio una corretta informazione. «L'anello debole è la mancanza di un protocollo di gestione nel processo "applicazione, medico e cittadino". Quest'ultimo, non sa cosa deve fare dopo, se l'app, malauguratamente, dovesse servire. Quali sono le responsabilità da assumersi? Come bisogna reagire? Tutto questo viene dai più ignorato».
Lungi dal voler essere critico o catastrofista, Trivilini identifica semmai una soluzione: «Servono degli infopoint. Dei luoghi che siano autorevoli e trasparenti. Non serve il politico che cavalca l'onda per un voto, ma persone che sappiano parlare alla gente. Di fatto, se vogliamo arrivare ai 4milioni e mezzo di download, dobbiamo convincere le persone diffidenti, poco preparate ad avvicinarsi a questa applicazione. Per molti infatti è un agente esterno mandato da chissà chi per spiarci. Il modo sbagliato è dire "dovete farlo"».
Sul rischio, ipotizzato, di furto di dati, Trivilini è categorico: «Esisterà sempre nel momento in cui si acquista uno smartphone. Non è un'app che fa la differenza».