Il cavallino rampante per la Svizzera italiana fa riferimento alla Kessel Auto di Grancia
Ronnie, il figlio del grande Loris, racconta come ha preso in mano le redini del gruppo
GRANCIA - Il geniale progetto di Enzo Ferrari è datato 1947 e da quell'anno Maranello è diventata la capitale mondiale dei sogni automobilistici perché il rombo della “rossa” è come una musica dalle note “prepotenti” che fa vibrare il cuore. Forse per questo la Ferrari non conosce crisi ed ha richieste per oltre 70'000 auto all’anno. Le unità prodotte sono circa 9'500 e la scelta di fabbricare le proprie vetture solo a Maranello allungano i tempi d'attesa. Attesa che cresce per i più facoltosi che commissionano un solo modello “one-off” unico al mondo.
Sulle orme del padre Loris Kessel - Per la Svizzera italiana il riferimento del cavallino è Kessel, che dal 1971 “corre” grazie al noto pilota Loris Kessel che fondò la Racing Car SA, azienda che dopo la sua scomparsa è passata al figlio Ronnie. «Qualsiasi attività – fa notare il giovane imprenditore – è sempre divisa in due pilastri, da una parte c’è la passione, dall’altra la formazione che ti permette di trasformare la passione in strategia commerciale». Ronnie precisa: «Questo mondo mi coinvolge dall’età di 14 anni, ho proseguito gli studi a Lugano per rimanere vicino all’azienda. Mio padre venne a mancare nel 2010 e io avevo 22 anni, ho rinunciato alla spensieratezza crescendo in fretta, ma oggi posso dire di aver raggiunto traguardi importanti». Per il nuovo numero uno di Kessel la curva più difficile è stata la partenza, proprio come in pista, quando il rischio di contatto è maggiore: «Ognuno cerca di guadagnare spazio sorpassando, ecco perché è importante imboccare la traiettoria giusta».
Ronnie e la grande festa di Valencia - Ronnie ha lasciato il casco ed ha assunto la carica di team manager, ma ogni volta che si trova al volante il pensiero va a suo padre. «In una delle ultime gare a Valencia, ricordo che era seduto con la borraccia in mano e gli occhiali da sole. Ci siamo detti: “Arriviamo alla fine per festeggiare!”. Anche se sono passati tanti anni, quest’ultima immagine mi viene sempre in mente». La spinta dei motori ha fatto capire a Ronnie che se non fosse stato pilota, sicuramente non sarebbe diventato l’imprenditore di oggi, adrenalina e competizione sono elementi fondamentali. «La vicinanza con la penisola – prosegue il figlio di Loris Kessel – è importante e cerchiamo di essere ambasciatori nel mondo durante le competizioni. Ferrari è una grande famiglia, a prescindere dalle targhe delle auto, quando ci si trova tra ferraristi ci si dimentica origini e abitudini».
Le origini del colore rosso - «Chiedi a un bambino di disegnare un’auto e lui, certamente, la farà rossa», amava raccontare Enzo Ferrari. Ma perché il colore rosso? Non fu una scelta della casa di Maranello, ma della Federazione internazionale, che agli albori del campionato di Formula 1 decise di attribuire un colore in base alla propria nazionalità. Da quel momento le auto da gara italiane divennero rosse, le francesi blu, le inglesi verdi e le tedesche argento. In effetti, il rosso non era il colore primario di Maranello, ma era il giallo, quello che ritroviamo ancora oggi nello scudetto, con all’interno il cavallino rampante di colore nero.
Un club per eventi di prestigio e anche per aiuti umanitari
Sinonimo di cultura sportiva, il Ferrari Club Italia è stato fondato nel 1987 e da un decennio è capitanato dal presidente Vincenzo Gibiino. Un club di prestigio che organizza eventi come il “Trofeo” e il campionato di regolarità, appuntamenti di forte richiamo che coinvolgono i soci. «Per un’emozione unica, oltre la visita al Museo Ferrari, si può partecipare ad un tour in fabbrica con due tipologie», precisa Gibiino. «Una per gli appassionati, il sabato, quando l’azienda è chiusa, e l’altra riservata ai soci alla quale viene data la possibilità di osservare le fasi di produzione della vettura, a dimostrazione di come la fabbrica di Maranello sia considerata una delle più avanzate». «Sono orgoglioso – prosegue il presidente – anche del numero importante di soci svizzeri nel Ferrari Club Italia. Avevamo già fissato un evento (rimandato al prossimo anno) che avrebbe unito il nord Italia con la Svizzera per scoprire il meraviglioso territorio elvetico. Questo sogno chiamato Ferrari ha dimostrato di avere un grande cuore, durante l’emergenza coronavirus la famiglia Elkann si è distinta con una donazione importante e i soci del club hanno stipulato un accordo con la Croce Rossa italiana inviando somme di denaro e dispositivi sanitari».