La testimonianza di Giorgio Battaini, un papà ticinese residente in Svezia
Nel paese scandinavo i neogenitori hanno 480 giorni da spartirsi a piacimento: «C'è tempo per costruire una relazione con il bambino»
LUGANO/MOTALA - «Sono rimasto a casa sei mesi con mio figlio». È quanto ci racconta Giorgio Battaini - un ticinese di 37 anni che da circa un decennio vive con la moglie in Svezia, nell’Östergötland - in vista della votazione federale del prossimo 27 settembre sul congedo di paternità. Qui in Svizzera si parla di due settimane, mentre nel paese scandinavo i genitori beneficiano di un cosiddetto congedo parentale: 480 giorni che vanno suddivisi a piacimento (con novanta giorni obbligatori ciascuno) e che possono essere utilizzati fino all’ottavo anno di vita del figlio.
Genitori fino in fondo - «Durante il congedo puoi costruire una relazione con il bambino, si svolge fino in fondo il ruolo di genitore e si gettano le basi per tutto quello che viene dopo» ci spiega Giorgio, che si è assentato dal suo lavoro nell’ambito dell’unihockey dal 1. gennaio al 30 giugno 2020. «In questo modo anche il papà può essere presente appieno nella vita dei propri figli: penso che sia un’esperienza impagabile».
Durante l'emergenza Covid - Per Giorgio, papà di Valentino (19 mesi) e nel frattempo in attesa di un secondo bimbo, si è trattato di un congedo particolare, che ha coinciso con il culmine della pandemia di coronavirus. Una pandemia che la Svezia ha affrontato con misure meno restrittive rispetto alla Svizzera. Ma le chiusure di determinate attività non sono mancate. Tra queste c’erano gli asili genitori-bambini, in cui molte famiglie sono solite ritrovarsi. «Era tutto chiuso, quindi abbiamo passato molto tempo a casa, in giardino e in bicicletta per la campagna svedese». Sono comunque stati momenti in famiglia memorabili. Anche se Giorgio e la sua famiglia avrebbero voluto passare più tempo in Ticino, con i nonni paterni del piccolo Valentino. Il viaggio al sud c’è stato immediatamente prima dell’emergenza. Poi purtroppo non è più stato possibile farne altri.
Prima a casa, poi al pre-asilo - In Svezia c’è comunque la tendenza, secondo il 37enne ticinese, di godersi soprattutto il primo anno e mezzo di vita dei figli. In seguito sono molti i bambini che cominciano a frequentare il pre-asilo: «I genitori li portano al mattino e li ritirano alla sera, e per i figli diventano giornate relativamente lunghe: penso che sia un po’ un peccato, perché è bello godersi un po’ tutte le età dei propri figli» afferma ancora Giorgio.
«Lo Stato non va in malora» - Il 37enne sa bene che gli oppositori al congedo di paternità parlano di conseguenze sull’attività delle imprese. Lui si è assentato dal lavoro per sei mesi. «Ed è andato tutto bene, sia la mia partenza che il mio rientro» assicura, ricordando che durante il suo periodo di congedo il suo posto è stato occupato da un sostituto. Un sostituto che, così avviene in Svezia, viene pagato dal datore di lavoro. Mentre il papà in congedo prende un’indennità direttamente da un'assicurazione sociale. «La Svezia e le aziende non vanno in malora a causa del congedo». Il sistema funziona, «l’ho provato sulla mia pelle».
Le due settimane svizzere - La proposta elvetica prevede un congedo di due settimane (dieci giorni lavorativi). «Certo, meglio che niente» dice ancora Giorgio. Le due settimane trovano comunque il sostegno di un’ampia porzione della popolazione elvetica: secondo l’ultimo sondaggio Tamedia, condotto nella prima metà di agosto, il 66% dei cittadini si dice infatti favorevole. Soprattutto gli under 35 preferirebbero però un congedo di quattro settimane.