Le tecniche per il trattamento di questa pianta sono state testate questa mattina sul piano di Magadino.
MAGADINO - Chi si occupa di giardinaggio, le conosce. E la loro presenza non è affatto gradita. Stiamo parlando delle neofite invasive, piante introdotte accidentalmente o deliberatamente in Europa a partire dal XV° secolo, che sono in grado di colonizzare rapidamente diversi ambienti naturali, soppiantando le specie indigene.
Per combattere questo nemico piuttosto indiscreto, il Dipartimento del territorio ha svolto un'azione dimostrativa sul piano di Magadino. Qui sono state messe in campo, nel vero senso del termine, due nuove tecniche di trattamento per estirpare la neofita. Metodi che, naturalmente, non impiegano prodotti fitosanitari, il cui utilizzo è stato vietato dall’Ordinanza concernente la riduzione dei rischi nell'utilizzazione di determinate sostanze, preparati e oggetti particolarmente pericolosi.
Il primo rimedio è denominato “elettrodiserbo”. «Questo metodo - precisa il DT - impiega unicamente corrente elettrica. Il processo prevede l’applicazione di un campo elettrico di forte intensità direttamente nel vegetale, che distrugge i tessuti cellulari dell’apparato aereo e radicale». L’impiego di questa tecnica è particolarmente adatto in agricoltura poiché permette di trattare le neofite invasive anche in campi coltivati senza compromettere il resto della vegetazione. La seconda tecnica consiste invece nella "vagliatura". «Applicando il vaglio - precisa il Dipartimento - si è potuto testare una metodologia che ha consentito di trattare e bonificare il materiale di scavo contaminato da rizomi di poligono ibrido, senza quindi ricorrere al deposito del materiale in discarica, neppure per le frantumazioni di scarto». L’impiego di questa tecnica si presta particolarmente bene all’inizio di cantieri dove è importante minimizzare il materiale da asportare e quindi la possibilità di propagare attivamente le neofite invasive.