Il Patriziato di Gribbio ricorda che il progetto iniziale della società ginevrina aveva un impatto molto maggiore.
Il segretario fa notare: «Quattro anni fa abbiamo dato l'ok alla posa di una croce sul Campo Tencia ed era un'iniziativa privata pure quella». E aggiunge: «I patriziati oggi non possono più contare sugli introiti dai boschi. Ma le superfici da gestire restano ampie e molto impegnative».
FAIDO - È una polemica d’alta quota quella innescata dalla posa di un’antenna su una delle quattro vette del gruppo del Campo Tencia. La domanda di costruzione, la cui pubblicazione all’albo comunale è appena terminata, ha raccolto - come noto - una cordata di opposizioni. Tutti in coro, dal WWF a Pro Natura, Club alpino svizzero, Patriziato di Prato Vallemaggia e Municipio di Lavizzara, Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio, tutti hanno puntato il dito contro la società McKay Brothers intenzionata ad innalzare un’antenna per la trasmissione ultraveloce dei dati borsistici tra i mercati.
Tutti hanno parlato, tranne il Patriziato di Gribbio che ha messo a disposizione della società ginevrina il fondo su cui è prevista l’opera. «Non sul Pizzo Campo Tencia - puntualizza il segretario Giovanni Dazzi -, ma sulla cima, più bassa e senza nome sulla carta nazionale, tra il Tencia e il Pizzo Penca». E se un nome proprio glielo si vuole dare, chiamatelo Tenca.
Ma la vera precisazione è un’altra: «Fosse stato un impianto estremamente invasivo ci saremmo ben guardati dal dare il via libera - sottolinea Dazzi -. Nessuno ricorda che la prima domanda (siamo alla seconda bis, perché riproposta anche in lingua italiana, ndr) contemplava anche una casettina di 2 metri per 2 con un paio di paraboliche sporgenti all’esterno. Ci siamo trovati, a inizio marzo, con il Comune di Faido che ha esposto questi aspetti critici all’Axpo, che segue il progetto per la McKay».
Proprio alla luce di questo incontro pre-Covid, la domanda di costruzione è stata riformulata in quella attuale. «Gran parte del manufatto è finito così sotto roccia e sporgerà solo un palo di 6,5 metri - dice Dazzi -. Tante osservazioni critiche si rifanno ancora all’invasività del primo progetto, ora molto ridimensionato». In replica a chi muove l’accusa di aver avallato la “profanazione” del Tencia, il segretario patriziale fa notare che «quattro anni fa abbiamo dato l’ok, e ci mancherebbe, alla posa di una croce proprio sul Campo Tencia. Nata anch’essa da un’iniziativa sostanzialmente privata. Perché ora avremmo dovuto dire di no?». Dazzi non nega che, dietro il via libera, ci sia anche un interesse finanziario: «Ma come Patriziato ci troviamo a dover gestire delle superfici ampie e molto impegnative senza più gli introiti che fino ad alcuni anni fa, prima che cambiasse la politica forestale, ci garantiva il bosco. Se poi ci arrivano tot franchi, vedremo quanti, perché no? Non devastiamo, né profaniamo nulla».