Riciclo di lucciole in appartamento, ma anche servizi a domicilio e presunto sfruttamento.
Nel mondo delle luci rosse persiste un sottobosco fatto di irregolarità, ma anche di frustrazione e difficoltà. Vincenza Guarnaccia: «La nuova legge ha destabilizzato le professioniste»
LUGANO - Perennemente in bilico tra legalità e illegalità, negli ultimi anni il mondo della prostituzione in Ticino è stato oggetto di un’importante regolamentazione. Grazie anche al lavoro della Polizia, molta parte di questo sommerso è stata smascherata. Tanto che il numero di appartamenti predisposti ad ospitare le operatrice del sesso ha subito un enorme ridimensionamento.
Illegalità di ritorno? - C’è un però. Forse figlio, in parte, degli strascichi di questa pandemia i cui nefasti effetti si fanno sentire su più fronti. Evidentemente anche nel mondo a luci rosse. Sembrano fiorire, infatti, le libere professioniste che decidono di svolgere la loro attività in casa piuttosto che in un classico postribolo. Fino a qui non ci sarebbe nulla di male se non fosse che la legge in questo senso è molto chiara: il “mestiere più antico del mondo” si può esercitare solo previa autorizzazione e in locali ad uso commerciale. Insomma, una prostituta non può prendere in affitto un appartamento e decidere arbitrariamente che lì accoglierà i propri clienti. Tra l’altro, stabilisce sempre la legge: «Se l’autorizzazione è rilasciata a una persona giuridica, essa deve avere la propria sede in Svizzera».
Ricircolo e presunto sfruttamento - Stando invece ai vari annunci pubblicati sui soliti siti noti, se gli appartamenti restano (più o meno) sempre quelli, lo stesso non si può dire delle ragazze. L’enorme ricircolo dimostra prima di tutto che le ragazze non risiedono lì (e quindi non sono in regola), poi che qualcuno evidentemente specula subaffittando abitazioni o stanze, probabilmente a prezzi gonfiatissimi.
Sesso a domicilio - Ciliegina sulla torta è il servizio a domicilio. Anch’esso illegale, ma evidentemente richiesto, visto che alcune ragazze lo propongono senza troppi problemi.
Covid e paura - Il legame con la pandemia? Già nei mesi precedenti i gerenti di diversi postriboli ticinesi ci avevano confermato una certa fuga di ragazze. In parte erano tornate a casa impaurite dalla malattia. Vi è però il sospetto che alcune di queste si siano spostate in un luogo più “protetto”, in quanto meno frequentato. E questo "trasferimento" potrebbe subire un'ulteriore impennata con la nuova stretta sui locali decisa per contrastare la pandemia di Coronavirus.
A Lugano, ma non solo - Che vi sia un possibile ritorno all'appartamento, deciso in parte dal Covid, lo sospetta anche Michele Bertini. Proprio a Lugano (in special modo nei quartieri di Viganello e Cassarate, ma non solo) si concentrerebbe una buona parte di questo sommerso. «Un fenomeno che non riusciremo mai a debellare del tutto, ma sul quale non abbiamo mai smesso di lavorare», ci tiene a precisare il vicesindaco, da sempre attento sul fronte delle illegalità nel mondo a luci rosse.
Ma situazioni simili vi sarebbero anche altrove. Alcune più facili da smascherare di altre. In quel di Tenero, ad esempio, non sono state rilasciate autorizzazioni, come assicurano dal Municipio. La presenza di una prostituta in appartamento è, quindi, già di per sé conferma di un'attività illegale sulla quale, ora, interverrà ora la Polizia per verifiche.
«Spinte verso l'illegalità» - Per Vincenza Guarnaccia, responsabile del progetto Primis (associazione di Zona Protetta che offre supporto di carattere sanitario e sociale a chi esercita la prostituzione), il covid potrebbe anche avere un ruolo in questo spostamento verso l'appartamento, ma marginale.
«È vero - ammette -, chi lavora in questo ambiente ha paura. Abbiamo seguito delle professioniste che, per timore del virus, non sono più tornate a lavorare». Secondo Guarnaccia, però, il problema semmai è un altro: «Abbiamo avuto a che fare con persone che lavoravano in appartamento, anche registrate alla Teseu, che pensavano di essere in una situazione di legalità, ma si sono trovate a non poter più lavorare in casa loro. Quello che notiamo noi sono, semmai, alcuni aspetti "collaterali" di una legge che rischia di avere effetti opposti da quelli che si prefigge. L'iter per lavorare in appartamento è complesso. Così si rischia di mettere le ragazze nella condizione di cedere all'illegalità».
Per la responsabile di Prims, poi, anche l'aver vietato il servizio a domicilio rischia di rivelarsi controproducente: «È illegale prostituirsi dai clienti. Ma questo sta mettendo in difficoltà le professioniste, che magari si erano fatte una loro clientela e in questo modo la stanno perdendo. E si sta rivelando un problema anche per il cliente stesso. Prendiamo ad esempio un disabile che ha difficoltà a muoversi».