Il Covid avanza? L'infettivologo Christian Garzoni, ospite di piazzaticino.ch. Guarda il video.
«Rispettiamo le regole e potremo essere sereni. Le cifre di oggi non sono paragonabili a quelle della primavera. E occhio a non farsi condizionare dalla tivù della vicina Italia».
LUGANO - Il Covid-19 è tornato. Di prepotenza. Almeno a livello numerico. Siamo davvero nel pieno della seconda ondata? Lo abbiamo chiesto a Christian Garzoni, infettivologo. Il "dottor coronavirus" della Svizzera italiana è stato ospite su piazzaticino.ch. «È evidente che i numeri sono in aumento. Non sarà comunque un'ondata da tsunami come quella di marzo e aprile».
Dire, come qualcuno ha fatto, che siamo tornati ai livelli di aprile è assurdo: la maggior parte dei contagiati ha sintomi lievi e gli ospedali sono piuttosto vuoti.
«La situazione in aprile era completamente diversa. In aprile venivano testate solo le persone gravi che venivano ricoverate. Ora i tamponi sono fatti su tutti i pazienti. La percentuale di persone malate e di quelle che finiranno in cure intense resterà comunque, più o meno, la stessa».
Il consigliere federale Alain Berset non esclude possibili lockdown regionali. La parola lockdown fa paura...
«La chiusura totale in primavera è stata una misura estrema per impedire il blocco degli ospedali. Adesso le condizioni sono differenti. Il virus circola ancora, in maniera diversa rispetto all'estate. Tocca alla popolazione fare il proprio dovere. Se ognuno di noi fa attenzione, non serve alcun lockdown. La metà delle persone che ha un Covid non ha sintomi. Occorre, però, non trasmetterlo agli altri. Lavandosi le mani, tenendo le distanze e usando la mascherina nei luoghi stabiliti».
Il Covid l'abbiamo conosciuto a fine inverno. Ora l'inverno ce l'abbiamo davanti. Come si fa a non andare in paranoia?
«Ripeto: se tutti fanno attenzione, il rischio è contenuto. È delicato il discorso sulle persone a rischio. So che gli anziani, ad esempio, hanno paura di incontrare gli altri. Ma con i giusti accorgimenti è possibile incontrare chiunque. Se facciamo quello che dobbiamo, noi quest'inverno potremo fare una vita più o meno normale. Dipende veramente da noi e dalla nostra responsabilità individuale».
I ticinesi spesso si fanno condizionare dalla tivù italiana, che ha puntualmente ripreso a fare terrorismo. Meglio cambiare canale?
«Il terrorismo mediatico non serve a nulla. Il tema della comunicazione è importante. Bisogna spiegare in maniera semplice come funziona un'epidemia. Il virus, d'altronde, si trasmette proprio in modo semplice. La paura non ci aiuta a superare un periodo difficile. L'inverno sarà lungo, sarà magari anche logorante. Ma se la popolazione riesce a fare in modo di tenere i numeri bassi, l'economia, la scuola e la vita sociale non si fermeranno».
Lei è stato uno dei primi in Ticino a parlare di Covid. Ora tutti la cercano. Come vive questa notorietà?
«Avevo una vita appagante già prima. Avrei fatto a meno di questa storia che ci è piombata addosso. Ho comunque assunto volentieri il ruolo di comunicatore. I feedback che ricevo sono buoni. La gente ha bisogno di pochi messaggi, chiari».
Cosa pensa dei negazionisti?
«Credo che ci siano sufficienti elementi per stabilire che il Covid è un problema reale. Ognuno può avere una sensibilità diversa, ci mancherebbe. Non perdo tempo a convincere qualcuno che ha già tutti gli elementi per capire come stanno le cose».
Parliamo della mascherina? A molti pesa indossarla. Ora è obbligatoria anche nei negozi...
«Capisco che possa non piacere. So che molti la vedono come un grosso fastidio. La mascherina protegge la gente dal Covid e da tutti i virus. Saremo meno malati, dovremo andare meno dal medico. E nella situazione attuale è indubbiamente una buona cosa».