Novanta pazienti avranno la possibilità di assumere un farmaco ormonale che viene usato contro il tumore alla prostata.
I malati di tumori trattati con una determinata terapia sembrano avere un decorso più blando quando contraggono il coronavirus. Le ipotesi dell'oncologo Ricardo Pereira Mestre.
BELLINZONA - La via per curare il Covid-19 passa, forse, da Bellinzona. Sì, perché l'Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI) sta portando avanti uno studio che lascia intravedere scenari interessanti. A coordinarlo, l'oncologo Ricardo Pereira Mestre. «Alcuni malati di Covid ticinesi avranno la possibilità di assumere l'Enzalutamide, un farmaco che solitamente viene usato per arginare il tumore della prostata e che generalmente è ben tollerato».
Le due vie di accesso per il virus – Ma da cosa scaturisce questa idea? L'oncologo spiega: «Ci si è accorti, grazie alle ricerche del professor Andrea Alimonti e di altri colleghi, che i malati di tumore alla prostata sono stranamente meno soggetti al Covid, oppure lo superano generalmente con decorsi più blandi, verosimilmente grazie al trattamento che ricevono. Sappiamo che il virus entra nelle cellule del nostro corpo attraverso due "porte" ben precise per poi potersi replicare. Con questo farmaco noi cerchiamo di chiudere al virus proprio queste vie di accesso».
Una scelta mirata – I pazienti che si potranno mettere a disposizione sono uomini (categoria più a rischio), hanno più di 50 anni e si trovano in una situazione che potrebbe portare a complicazioni. Perché soffrono, ad esempio, di ipertensione o di diabete. I pazienti non saranno cavie, ma riceveranno una cura promettente in un contesto controllato dalle regole internazionali degli studi clinici. «Abbiamo scelto persone che comunque possono curarsi a casa senza dovere andare in ospedale. Non pazienti in cure intense. Questo perché secondo noi la chiave sta proprio nel bloccare il Covid nella sua fase iniziale. Evitando così un decorso grave. Vogliamo tentare di anticipare, bloccando il più possibile gli effetti del virus».
Tra qualche mese, i primi dati – L'idea è stata concepita a primavera, ma si sta concretizzando a tutti gli effetti di recente. «Lo studio durerà complessivamente un anno. Tra qualche mese potremmo già avere qualche dato indicativo. Al momento è prematuro fare calcoli. Questa ricerca si basa sulla grande collaborazione dei medici di famiglia, di alcuni partners come Hospithome, la Centrale 144 e Curasuisse per il monitoraggio in remoto dei parametri vitali, il Cardiocentro, il servizio malattie infettive EOC e Clinica Moncucco, gli Istituti di ricerca in biomedicina e oncologia di Bellinzona e naturalmente l'Istituto oncologico della Svizzera italiana (IOSI) che ne è il principale promotore».