Il Covid-19 ci sta mettendo a dura prova. L'appello di Raffaele De Rosa, direttore del DSS: «Teniamo duro».
«È un periodo frenetico, anche personalmente. Dormo poco, ma non è importante questo». Ecco la video intervista completa su piazzaticino.ch
BELLINZONA - Parola d'ordine: salvare gli ospedali. E, di conseguenza, il collasso del sistema sanitario. Sembra contare solo questo di fronte alla nuova avanzata del Covid-19 in Svizzera. Ma a che prezzo? Cosa ne sarà dei nostri nervi? Ne abbiamo parlato con Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimento cantonale della Sanità e della Socialità (DSS), ospite su piazzaticino.ch
Salvare gli ospedali, si diceva. La popolazione lo sta capendo?
«Sì. Anche se noto una certa stanchezza, comprensibile. Sappiamo che la strada è ancora lunga. È importante tenere duro. Abbiamo il vantaggio dell'esperienza vissuta proprio da noi in Ticino la scorsa primavera. Sappiamo come comportarci per superare questo momento di fatica. Io sono convinto che, tutti insieme, possiamo farcela».
Il Ticino, come altri Cantoni, ha giocato d'anticipo, prendendo decisioni importanti già a inizio settimana. Non vi dà fastidio il fatto che il Governo federale mandi avanti voi nelle scelte più delicate?
«Il nostro Consiglio di Stato è sempre stato tempestivo. La diversa percezione che c'è stata in primavera tra quello che ha vissuto il Ticino e quello che ha vissuto il resto della Svizzera ha un peso. Col senno di poi è facile pensare che il resto della Svizzera poteva fare meglio. Ma, ripeto, la percezione è stata diversa. Il Ticino, in ogni caso, è considerato come un pioniere».
Anziani malati gravi non curati, precedenza ai giovani nel caso in cui le cure intense siano piene. Alcune persone in là con gli anni si sono spaventate di fronte a una simile notizia trapelata di recente...
«È importante fare chiarezza su documenti "accompagnatori" come quello in questione. Bisogna ridurre l'incertezza nel cittadino e facilitargli la comprensione di ciò che sta accadendo».
Sì, perché altrimenti si scatena il panico come per la questione citata...
«Va anche ricordato che siamo in un momento straordinario per tutti noi. Non è mai successo di vivere un così frenetico adeguamento di leggi e ordinanze, con simili impatti sulla vita quotidiana delle persone».
Spesso, quando c'è una conferenza delle autorità, il cittadino resta con troppi margini di interpretazione. C'è modo di aggirare questo ostacolo comunicativo?
«È effettivamente un ostacolo su cui bisogna migliorare. Siamo in una situazione particolare, lo ribadisco. C'è anche l'esigenza di scambiarsi le informazioni tra Cantoni e Confederazione».
Il Covid-19 colpisce anche i nervi della gente. Non temete di arrivare a gennaio coi ticinesi imbottiti di psicofarmaci?
«È una preoccupazione legittima, da me condivisa. A primavera era stata messa a disposizione della popolazione una hotline curata da specialisti. Non mi dimentico di questo aspetto. Diversi studi dimostrano che questa situazione, che genera isolamento e incertezza, ha avuto un impatto forte su varie persone: anziani, ma anche giovani. È importante tenere d'occhio questo fenomeno e, là dove è il caso, garantire un giusto supporto a chi è in difficoltà».
Quanto è logorante per Lei, come politico, il periodo che stiamo attraversando?
«È un periodo frenetico, anche personalmente. Dormo poco, ma questo non è importante. Ho collaboratori estremamente competenti al mio fianco. In tutte le maratone arriva il momento di crisi. Abbiamo già percorso tanti chilometri, ma ce ne restano tanti altri. Voglio fare un appello anche pensando alle imminenti festività. Bisogna riuscire a leggere anche al di là delle leggi, mettendo in sicurezza sé stessi e gli altri».
Il Covid in questo momento sembra più forte di noi. E la parola "lockdown" fa paura.
«Il lockdown non lo vuole nessuno. Ed è per questo che tutti noi dobbiamo comportarci come sappiamo. È importantissimo farlo ora, perché il virus evolve molto rapidamente. Basta guardare cosa sta accadendo in altri Paesi, o semplicemente in altri Cantoni, per rendersene conto».
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