Impianti pieni in Ticino e tutto fila nonostante qualche "distratto" e le difficoltà legate alle misure anti Covid.
Pesa, ovviamente, la chiusura dei ristoranti. Ma l'affluenza non manca, specie dalla Svizzera tedesca.
LUGANO - Molti indigeni, ma anche tanti svizzero tedeschi e romandi. A migliaia, nei limiti delle possibilità degli impianti (i cui accessi sono stati limitati causa Coronavirus), gli appassionati di sport invernali hanno scelto gli impianti ticinesi per le festività natalizie. Il bilancio? Tutto sommato positivo sembrerebbe, nonostante qualche difficoltà e un pizzico d'amarezza.
«È andata bene» - Tra i più soddisfatti, il direttore operativo degli impianti di Carì, Luca Müller: «Abbiamo avuto un riscontro positivo. I numeri registrati sono rimasti nel range limitato per il quale eravamo autorizzati, quindi non abbiamo superato le 800 persone al giorno. Anche il servizio di take away ha funzionato». «Non si sono affacciati solo ticinesi - precisa Müller. Abbiamo avuto molti visitatori anche dalla Svizzera francese e da quella tedesca. E si sono riempiti anche gli chalet. Insomma, è andata bene».
«Fa male, ma teniamo duro» - Un sapore dolce/amaro trapela invece dalle parole di Giovanni Frapolli, proprietario degli impianti turistici di Bosco Gurin. «È un periodo complicato, ci stiamo trovando ad affrontare tanti problemi. Tra questi anche il tempo, che ci ha fatto scontrare con temperature troppo alte prima, poi fredde, con la neve ghiacciata... Insomma, con il continuo cambiamento climatico che ormai sta caratterizzando i nostri inverni».
C'è poi la questione Covid, presenza che grava come un macigno sui gestori degli impianti così come sui turisti. E Frapolli non nega di vivere tutto ciò con una certa sofferenza: «Fa male vedere le famiglie fuori al freddo, a meno 10 gradi, a mangiarsi il panino. D'altra parte chi ama la neve ha deciso di accettare questo periodo duro, si spera transitorio. Ne soffrono i turisti, ne soffriamo noi proprietari».
Infine c'è la gestione delle misure di protezione, che richiede un ulteriore impegno, specie quando l'affluenza è alta: «Mascherine, distanze... La gente ancora non ha del tutto assimilato questi comportamenti. C'è chi se ne dimentica, ma pure chi è del partito del "ma sì, tanto". Ieri avevamo 1000 persone - conclude -. Le dimenticanze non sono mancate. Non è che si oppongano, va solo ricordata la situazione. Anche perché, altrimenti, ritiriamo la giornaliera e mandiamo a casa. Insomma, dobbiamo tenere duro».
«Un po' di tristezza, ma sta funzionando» - Che sia un periodo non di semplicissima gestione lo ammette anche il Direttore Marketing degli impianti di Airolo, Andrea Rinaldi. Il suo, è un bilancio sommato positivo: «Non abbiamo avuto incidenti fino ad ora e sta funzionando tutto bene, anche se bisogna continuare a ricordare di rispettare le distanze e di indossare la mascherina. Abbiamo avuto clienti prevalentemente svizzero tedeschi che apprezzano e ringraziano. Raggiungiamo ogni giorno le 1000 presenze consentite e si scia bene. Non ci sono code agli sci lift e sta funzionando anche la cabina con riservazione. E pure il take away, nonostante il freddo. Ma la gente, abbiamo visto, si adatta. Un po' triste, è vero, ma almeno siamo aperti».
«Incassi decisamente inferiori» - Indubbiamente, i ristoranti chiusi hanno il loro peso sul bilancio complessivo come ammettono da Campo Blenio: «Siamo abbastanza contenti, nonostante i numeri contenuti. Riusciamo a gestire assembramenti e distanze. E la gente è disciplinata. Quasi tutti indossano la mascherina e a quelli che non lo fanno la facciamo mettere. Ne abbiamo anche da regalare, nel caso ci fosse chi l'ha dimenticata. L'aspetto meno positivo - concludono - è la ristorazione chiusa. Gli incassi sono decisamente inferiori rispetto agli altri anni e questo, inevitabilmente, si ripercuoterà sui conti a fine anno. Però l'affluenza c'è, e ne siamo contenti. Ieri, addirittura, abbiamo dovuto dire di no a diverse persone».