Claudia Pagliari e Rupen Nacaroglu, rappresentanti dei commercianti, invocano un sostegno pubblico rapido. Il video.
Berna decide di chiudere i "negozi non essenziali" fino alla fine di febbraio. Guarda la doppia intervista su Piazza Ticino.
BELLINZONA/ LUGANO - Gran parte dei negozi che non trattano beni essenziali dovranno restare chiusi fino a fine febbraio. Lo ha deciso il Consiglio federale. Si tratta di una delle ulteriori misure anti Covid-19 comunicate nel pomeriggio di mercoledì a Berna. Su piazzaticino.ch, la piazza virtuale di Tio/20Minuti, ne abbiamo discusso con Claudia Pagliari, presidente dell'Associazione commercianti di Bellinzona e con Rupen Nacaroglu, presidente della Società dei commercianti di Lugano.
Una decisione attesa, ma ora... – «Ci aspettavamo una simile presa di posizione – ammette Pagliari –. Coi ristoranti e i bar chiusi non c'era affluenza in città. Era quasi come essere già chiusi». «Da una parte c'è sconforto per le prossime settimane – aggiunge Nacaroglu –. Dall'altra si taglia la testa al toro. Questo equilibrismo tra le misure non era più sostenibile. La chiusura dei negozi è dannosissima. Ma adesso bisogna concentrarsi affinché l'autorità sia in grado di elargire gli aiuti economici per fare in modo che a inizio marzo tutti possano riaprire».
Paura per i possibili licenziamenti – Pagliari, raccogliendo le voci di molti colleghi, è preoccupata per i possibili licenziamenti. «Bisogna cercare di non ritrovarsi con una valanga di disoccupati. Ci sono negozianti che hanno del personale da mantenere. Noi indipendenti, inoltre, vorremmo arrivare al post pandemia ancora in vita». «Quando si fa un fatturato pari a zero per un paio di mesi – riprende Nacaroglu – significa che poi devi fare il massimo per altrettanto tempo. Praticamente impossibile. Ecco perché gli aiuti saranno vitali. Il Cantone e la Confederazione dovranno dimostrarsi veramente reattivi».
La vita è adesso – I piccoli negozi spesso sono aziende di famiglia. In cui sovente i componenti sono soci delle stesse Sagl o sono indipendenti. «E in cui – precisa Nacaroglu – non si ha neanche diritto al lavoro ridotto. Gli aiuti devono arrivare adesso. Non tra un mese o due». «Dobbiamo pagare anche i nostri fornitori – sostiene Pagliari –. Pur non potendo vendere la merce. I clienti potranno ordinare un prodotto da noi e venire a ritirarlo. Ma questo non è paragonabile alla normalità».
Una lunga attesa – Nacaroglu torna a battere il chiodo nell'ottica di un rilancio da marzo in poi. «Al momento è importante essere uniti. Sappiamo che ci sono 100.000 richieste per casi di rigore in tutta la Svizzera. Conosco imprenditori che hanno avanzato richieste a ottobre e non hanno ancora ricevuto risposte adesso, a metà gennaio». «Anche dalle nostre parti è così – dice Pagliari –. Sento commercianti convinti che non riceveranno mai un soldo. O che riceveranno un aiuto quando sarà troppo tardi».
«Il numero degli impiegati che smaltiscono le pratiche va potenziato» – Perché questi ritardi? «Immagino che, essendo cambiate delle misure, si sono dovute riesaminare tante domande», ipotizza Pagliari. «Ho troppi soci che non hanno ancora visto un soldo – conclude Nacaroglu –. Dopo le ultime decisioni, le autorità devono veramente potenziare il numero degli impiegati che smaltiscono queste pratiche».