Bus strapieno per gli allievi delle medie. La testimonianza di una mamma. Le autorità, per ora, osservano.
Fa specie come da inizio pandemia nessuno abbia ancora trovato una soluzione per i mezzi pubblici sovraffollati. Né a livello cantonale, né federale.
MENDRISIO - Ormai è diventato come il gioco dello scaricabarile. Di fronte alla nuova emergenza Covid-19 si chiude quasi tutto, con pesanti limitazioni per la libertà personale delle persone. Ma sui mezzi pubblici non si cambia strategia, e li si lascia strapieni. Nessuno, neanche Berna, se ne assume la responsabilità. Per quanto riguarda, ad esempio, i bus di linea, usati anche da molti studenti, solo la Confederazione può intervenire per eventualmente limitarne la capienza. Ancora senza risposte la richiesta avanzata dal Ticino su questo tema.
I ragazzi stessi sono preoccupati – Le ultime, sconfortanti, immagini arrivano dal bus che porta gli allievi delle medie di Mendrisio a scuola. Ed è una madre a raccontare i suoi timori a tio/20minuti, basandosi su una foto scattata dalla figlia. «Sono gli stessi ragazzi a non sentirsi più sicuri in queste condizioni. Me lo racconta mia figlia, che ha paura. E lo riportano anche i suoi compagni di classe».
Nessuno può fare niente – Aziende come Fart e Autopostale hanno più volte dichiarato di non potere fare nulla contro il fenomeno dei mezzi pubblici sovraffollati. Ed è una situazione che va avanti da inizio pandemia. Da Bellinzona, in particolare dal Dipartimento del territorio, potrebbe, tuttavia, arrivare qualche novità nei prossimi giorni. Intanto, si cerca di capire quale sarà l'impatto dell'obbligo del telelavoro, subentrato nella giornata di lunedì, sul problema.
Bertoli, per ora, non cambia idea – Nelle ultime ore, in particolare dopo che alcuni casi di "variante inglese" hanno messo in quarantena la scuola media di Morbio Inferiore, sono diversi i genitori e i docenti a invocare un blocco momentaneo delle lezioni regolari per gli allievi delle medie (tra i quali in teoria la mutazione britannica viaggerebbe a mille), passando alla didattica a distanza. Richieste analoghe anche nel medio-superiore. Per ora, come già spiegato da Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento dell'educazione della cultura e dello sport (DECS), si va avanti così. Pronti, comunque, a intervenire nel caso la situazione dovesse degenerare.
Le motivazioni – Il dibattito è aperto anche a livello nazionale. La scelta ticinese è motivata dal fatto che la didattica a distanza potrebbe innanzitutto causare un vuoto formativo negli allievi. In particolare in quelli già fragili, con difficoltà scolastiche. Il rischio, inoltre, sarebbe quello di ritrovarsi coi ragazzi assembrati altrove. Soprattutto se si considerano quei giovani che sono al limite della sopportazione già con le condizioni restrittive attuali. D'accordo. Ma se si decide di proseguire con la "normalità", allora andrebbero cambiate le condizioni sui mezzi di trasporto. Subito.
Contraddizioni che creano ansia – Il vero problema è che famiglie e insegnanti sono in allarme per la potenziale contagiosità della variante britannica tra gli adolescenti. E questa ansia, al momento, è difficile da placare. Vedere i propri figli o i propri allievi stipati su un bus sembra non essere più tollerabile. «Tutto è contraddittorio – sostiene un'altra mamma di un allievo di scuola media –. L'emergenza o c'è o non c'è. E se c'è, si intervenga immediatamente. Dall'alto arrivano informazioni preoccupanti. Ci indicano che i giovani sono un veicolo importante per questa variante. Come possiamo stare tranquilli dunque? Mio figlio va a scuola in un bus sempre stracolmo, dove tanti ragazzi tra l'altro se ne fregano e tengono la mascherina sotto il naso. O si cambia, oppure che la smettano di spaventarci».