La scoperta arriva dai ricercatori dell'IRB di Bellinzona.
I test mostrano un'elevata e immediata efficacia.
BELLINZONA - L’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB), affiliato all’Università della Svizzera italiana (USI), apre nuove prospettive terapeutiche contro SARS-CoV-2 e le sue varianti grazie all’immunoterapia.
I ricercatori di Bellinzona hanno sviluppato un anticorpo "doppio" di seconda generazione in grado da un lato di proteggere dalle varianti e dell’altro di impedire al virus di mutare per sfuggire alla terapia.
I test preclinici su questo anticorpo, svolti nel contesto di un consorzio di ricerca europeo, mostrano un’elevata e immediata efficacia. Buone le possibilità di utilizzo sia nella prevenzione della malattia, sia nella cura di pazienti.
La terapia immunologica - L’immunoterapia, basata su anticorpi monoclonali, si è già dimostrata efficace contro la COVID-19, ma ha due sfide da affrontare: funzionare contro le varianti in circolazione ed impedire la formazione di nuove varianti, che possono insorgere velocemente con meccanismi simili a quelli che causano la resistenza batterica agli antibiotici.
Il problema è stato risolto dai ricercatori di Bellinzona unendo due anticorpi naturali in una singola molecola artificiale, in gergo chiamata ‘anticorpo bispecifico’, in grado di attaccare contemporaneamente due regioni diverse del virus.
Test preclinici hanno dimostrato che questo anticorpo bispecifico protegge da SARS-CoV-2 e dalle sue varianti, inclusa la variante UK già diffusa in Svizzera ed Europa. A differenza di anticorpi della prima generazione, inoltre, impedisce al virus di cambiare la propria struttura per resistere alla terapia.
L’anticorpo bispecifico ha elevata efficacia e caratteristiche che lo rendono un ottimo candidato per la sperimentazione clinica, con buone possibilità di utilizzo sia nella prevenzione della malattia sia nella cura di pazienti.
«Abbiamo sfruttato la nostra conoscenza della struttura molecolare e proprietà biochimiche del virus per fondere due anticorpi umani e ottenere un’unica molecola che lo attacca contemporaneamente in due siti distinti e necessari per l’infezione», ha commentato Luca Varani, direttore di laboratorio dell’IRB e primo autore del lavoro. «Simulazioni al supercomputer ci hanno permesso di raffinare e validare il design dell’anticorpo bispecifico, poi prodotto e testato in laboratorio. Sebbene il virus sia in grado di resistere all’attacco di un anticorpo di prima generazione, abbiamo dimostrato che non riesce a mutare per sfuggire alla duplice azione del bispecifico».
L’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB), affiliato all’Università della Svizzera italiana (USI), fa ricerca di base da più di 20 anni. Finanziato da istituzioni private e pubbliche e da finanziamenti competitivi, attualmente l’IRB conta tredici gruppi di ricerca e 125 ricercatori impegnati nello studio dei meccanismi di difesa dell’organismo contro infezioni, tumori e malattie degenerative. Le attività di ricerca vanno ora oltre l’immunologia ed includono campi di ricerca quali la riparazione del DNA, le malattie rare, la biologia strutturale e quella cellulare. Con più di 720 pubblicazioni nelle principali riviste scientifiche, l’IRB gode di fama internazionale quale centro di eccellenza per l’immunologia e la biologia cellulare: www.irb.usi.ch