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«Il nostro ritardo sulla politica climatica è davvero imperdonabile»

CANTONE«Il nostro ritardo sulla politica climatica è davvero imperdonabile»

02.02.21 - 18:29
Greta Gysin, consigliera nazionale, ospite di Piazza Ticino: Guarda la video intervista.
Ti-Press (archivio)
«Il nostro ritardo sulla politica climatica è davvero imperdonabile»
Greta Gysin, consigliera nazionale, ospite di Piazza Ticino: Guarda la video intervista.
Azzerare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050 è un imperativo. Si parla anche della pandemia. Con l'uomo che "è andato a cercarsela". E che potrebbe ricascarci.

ROVIO - La pandemia rilancia in maniera urgente il dibattito sul clima. A ribadirlo è Greta Gysin, consigliera nazionale, ospite di piazzaticino.ch. E lo fa attraverso esempi concreti. Allarmanti. «Con le politiche climatiche abbiamo accumulato ritardi imperdonabili. La scienza è chiara. Il Ticino e più in generale la Svizzera possono fare tanto. Per contenere il riscaldamento globale, ci rimangono pochi anni. Vanno azzerate le emissioni dei gas a effetto serra entro il 2050. Ma vanno già dimezzate entro il 2030». 

Il legame tra Covid-19 e cambiamento climatico pare essere forte. È così? 
«Effettivamente sì. I cambiamenti climatici favoriscono la diffusione dei virus. I comportamenti scorretti dell'uomo, come la deforestazione, vanno a distruggere habitat naturali di determinati animali che sono portatori di virus. Nel caso del Covid-19, è caduta la barriera naturale costituita dalla foresta. E si è assistito a un salto di specie da parte del virus. Se vogliamo evitare che una pandemia del genere si ripeta, dobbiamo cambiare le nostre abitudini. Da subito». 

Si è parlato molto anche dell'incidenza dell'inquinamento in relazione al virus...
«Sembra proprio che il Covid-19 abbia avuto una maggiore diffusione nelle zone più inquinate del pianeta. Non è un caso che la Lombardia rientri tra queste. Si stanno portando avanti alcuni studi sul fenomeno. Al di là del Covid, però, sappiamo benissimo che l'inquinamento ci causa malattie respiratorie. Pensiamo ad esempio alla situazione del Mendrisiotto». 

Ma cosa si può fare concretamente per cambiare abitudini?
«Evitare spostamenti motorizzati inutili. Usare mezzi di trasporto che hanno un impatto ambientale minore. Ripensare la nostra alimentazione, riducendo il consumo di carne. L'alimentazione ha un impatto sul clima che è maggiore di quello della mobilità. Per consumare tanta carne quanta ne consumiamo noi, c'è bisogno di coltivare la soia con cui si cibano gli animali. E per coltivare la soia, si distruggono le foreste. Si torna dunque al discorso di prima. C'è il rischio che determinati virus che oggi sono lì, intrappolati nelle foreste, poi facciano il passaggio dall'animale all'uomo. Con tutte le conseguenze che conosciamo».

Prima della pandemia si andava in piazza a protestare. Ma c'era davvero consapevolezza? E ora la consapevolezza c'è?
«Io credo che le persone che sono scese in piazza erano già consapevoli. Ed erano frustrate nel vedere il ritardo con cui la società, l'economia e la politica rispondono a questa sfida enorme che è la svolta climatica».

Come si giustifica questo ritardo?
«Negli ultimi 50 anni abbiamo fatto davvero troppo poco. Il fatto è che il cambiamento climatico è difficile da comprendere, si pensa che non ci siano effetti immediati o tangibili. Eppure in Svizzera la temperatura media, rispetto all'epoca pre industriale, si è alzata di ben 2 gradi. I periodi di siccità, le canicole, le forti piogge e gli smottamenti sono sotto i nostri occhi. I ghiacciai che spariscono li vediamo tutti. Con lo scioglimento del permafrost ci saranno più frane. Le Alpi diventeranno una regione molto insicura». 

Il popolo si dovrà esprimere sulla nuova legge sul CO2. Perché questo voto è importante?
«C'è in ballo una legge che definisce l'impegno climatico della Svizzera per i prossimi dieci anni. Ed è importante che passi. Non risolve tutto, è vero, ma andrebbe a raddoppiare l'impegno della Confederazione per dimezzare le emissioni dei gas a effetto serra entro il 2030 e azzerarle entro il 2050. È una legge che ci dà gli strumenti per affrontare questa sfida. Non possiamo permetterci di tornare indietro. Dovessimo accumulare un nuovo ritardo, potremo dire di avere fallito come società». 

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