In autunno è nato un minireparto al Civico. Ecco i progetti futuri per le cure e il successivo reinserimento in Ticino
Le degenze dipendono dalla «complessità del quadro psichico, familiare e sociale dei pazienti». E in genere sono più lunghe rispetto alla psichiatria per adulti
BELLINZONA - Giovani e giovanissimi con problemi psichiatrici: un fenomeno, questo, che si sta facendo sentire in particolare ora con la pandemia (+50% dei casi di emergenza a livello nazionale). Il settore in Ticino è però ancora “work in progress”, in particolare per quanto riguarda la presa a carico dei pazienti. Un passo importante è stato fatto lo scorso novembre, quando all'Ospedale Civico di Lugano è stato inaugurato un minireparto di pedopsiachiatria. Si tratta di cinque posti letto acuti in un'ala separata della pediatria.
Posti letto acuti, quindi per le situazioni psichiatriche d'emergenza, che in determinati casi restano tuttavia occupati per svariati mesi. In media - come ci conferma il dottor Rafael Traber, direttore dell'Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (OSC) - nelle strutture ticinesi i ricoveri di minori con problemi psichiatrici durano più di due mesi. «E sono frequenti anche quelli superiori ai quattro mesi». Questo considerando, comunque, che i ricoveri in ambito pedospichiatrico in Svizzera «sono molto più lunghi della psichiatria per adulti».
Se la situazione è complessa - Per il neonato reparto di pedopsichiatria al Civico è troppo presto per tracciare una tendenza. «È tuttavia vero che, talvolta, la gravità clinica e la complessità del quadro psichico, familiare e sociale dei minori ricoverati rendono necessario un tempo lungo di degenza» ci spiega la dottoressa Sabrina Brondolo, responsabile del minireparto. E aggiunge: «Il tempo del ricovero è necessario sia per un preciso inquadramento del quadro intrapsichico, affettivo e relazionale del giovane, sia per l'approfondimento dell'anamnesi personale e familiare, sia ancora per la presa di contatto e il mantenimento dello stesso con tutta la rete terapeutica, scolastica e sociale sul territorio». In sostanza: in situazioni complesse (disturbi del comportamento alimentare, psicopatologie gravi) accade che il ricovero duri mesi prima di una stabilizzazione.
In linea con la media nazionale - Quando prima della nascita del minireparto i pazienti venivano ricoverati in pediatria «con un regime di liason», la durata media dei ricoveri si attestava intorno ai trenta giorni, «in linea con quanto accade a livello nazionale e internazionale in pedopsichiatria» sostiene Brondolo, che ci fa anche sapere che nel Canton Zurigo in media questo genere di ricovero dura invece 66 giorni.
«Non necessariamente mancano strutture» - Le degenze lunghe avvengono anche in strutture private. Per esempio presso la Clinica Santa Croce di Orselina, che si occupa anche di pazienti minori di sedici anni (ma in ogni caso superiori ai quattordici, come previsto dal mandato cantonale). «Ci sono giovani che restano in regime di degenza anche per più di due mesi, ma non necessariamente per carenze di strutture esterne in grado di dare continuità alle cure» ci dice la direttrice sanitaria Sara Fumagalli. E aggiunge: «Come in ogni caso psichiatrico, sia di paziente adulto sia di minore, la durata della degenza è in relazione alla patologia e, conseguentemente, alle attività cliniche necessarie per ristabilire un quadro psicologico idoneo alla dimissione dalla fase acuta per il reinserimento sociale e la prosecuzione dei trattamenti in regime ambulatoriale».
Il futuro delle cure - Sul fronte delle cure pedopsichiatriche, in Ticino si guarda al futuro. «La prossima pianificazione prevede un’unità di cura integrata per minorenni. Si tratta di un’offerta terapeutica pedopsichiatrica comprendente un’unità stazionaria per situazioni acute, un ospedale di giorno terapeutico per adolescenti e pre-adolescenti, e un'équipe mobile per casi complessi. Queste ultime due proposte con l’obiettivo di evitare ricoveri quando non strettamente necessari, o in una fase pre- o post-cura» spiega il dottor Traber. Sulle tempistiche non ci sono indicazioni, «siamo però fiduciosi che il progetto si realizzerà nei prossimi anni in quanto risponderà a un bisogno importante della popolazione del Canton Ticino».
Per quanto riguarda invece il periodo successivo alla degenza in un reparto acuto, Fumagalli spiega che «l'obiettivo è sempre di favorire il reinserimento territoriale per continuità e per tutelare un progetto di vita di media lunga durata». Anche se al momento alcuni trasferimenti avvengono al di fuori del cantone. «Ma sicuramente sarebbe opportuno ridurre questa opzione il più possibile».
Più richieste per i centri educativi - Cosa accade infatti al termine della degenza in un reparto acuto? Nel momento in cui il giovane si è stabilizzato, può avvenire il collocamento in ambito educativo. Un percorso, questo, scelto quando a causa di problematiche di varia natura non è possibile la residenza presso la propria famiglia. Su questo fronte - come ci fa sapere Gabriele Fattorini, direttore della Divisione dell'azione sociale e delle famiglie in seno al Dipartimento della sanità e della socialità - «si osserva come i Centri educativi per minorenni (CEM), ossia le strutture cosiddette di protezione, sono maggiormente confrontati con minori che presentano forme diverse di disagio psichico».
Novità in vista - La situazione viene costantemente monitorata. E non mancano le misure di rafforzamento. Tra queste si contano, in particolare, la creazione della Cellula socioeducativa d'urgenza, che permette d'intervenire nel fuori orario laddove potrebbe esserci un minorenne che necessita di protezione. Si parla anche di potenziamenti concreti. Per esempio con l'apertura, a settembre 2021 a Mendrisio, del CEM socioterapeutico Archetto, «al fine di contenere il più possibile il collocamento fuori cantone». E col potenziamento da 20 a 24 posti del progetto ADOC (accompagnamento individualizzato in appartamento).
In Ticino si fa comunque capo anche a istituti situati fuori cantone. In Italia si collabora con «quattro strutture altamente specializzate con le quali viene svolto un importante lavoro di rete con risultati positivi» spiega ancora Fattorini. In alcune situazioni, quando il minorenne conosce il francese o il tedesco, il collocamento può invece avvenire oltre San Gottardo. Nel 2020, ci dicono dalla Divisione, erano 10 i minorenni collocati in Italia (nessuno oltralpe). Con la creazione del CEM socioterapeutico Archetto, «in futuro si auspica di poter intervenire più precocemente e ridurre il numero dei prossimi affidamenti in Italia» conclude Marco Galli, capo Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani.