Unia ha segnalato all'Ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche il cantiere del Campus Est Usi/Supsi
LUGANO - Violazione della Legge sulle commesse pubbliche, dumping salariale, concorrenza sleale. Sono queste le (gravi) accuse che il sindacato UNIA avanza sul cantiere del Campus Est Usi/Supsi, inaugurato solo dieci giorni fa, di cui riferisce oggi la Regione.
In particolare, a ottobre del 2017 il sindacato nota sul cantiere di Garzoni SA un subappalto per la posa d’acciaio d’armatura alla DIE Akkordunternehmung Schweiz Ag, società lucernese con succursale a Lugano. Ma in realtà gli operai che vi lavoravano erano della Pleschina Armierungen GmbH di Thun. Per alcuni mesi addirittura anche altri operai di una ditta del canton Zurigo, che hanno abbandonato tutti perché (pare) non pagati.
Il sindacalista Matteo Poretti spiega pure che i ferraioli della Pleschina hanno affermato di avere lavorato su chiamata, nonostante i contratti parlassero di un rapporto di lavoro al 100% a tempo indeterminato. E verso la fine dei lavori di posa la società avrebbe smesso di pagare salari e oneri sociali. Conseguenze? La Commissione paritetica cantonale dell’edilizia multa per 100'000 franchi la Pleschina. E la società bernese è fallita nel novembre del 2018, lasciando dietro di sé una serie di debiti: 683'000 franchi.
Nel settembre 2017, comunque, Unia aveva subito avvisato il consorzio fra Usi e Supsi, che era intervenuto sospendendo i lavori degli operai della Pleschina. Ma in una decina di giorni erano ripresi.
Inoltre, fra le tre società vi sarebbe stata una corsa al ribasso nell’offerta per la posa dell’acciaio d’armatura. «La Garzoni avrebbe pagato 30 centesimi al chilo alla DIE Akkordunternehmung, quest’ultima ne avrebbe pagati invece 27 alla Pleschina - aggiunge Poretti -. Oggi il prezzo minimo è di 45 centesimi al chilo».
Unia ha segnalato la vicenda all'Ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche (UVCP) del Dipartimento del territorio (DT). Ma ora chiede l'intervento del Consiglio di Stato e «sanzioni severe». Come pure la valutazione di eventuali estremi per una denuncia penale. «La necessità di una reazione dura si giustifica soprattutto perché l’accaduto si è verificato in un cantiere pubblico».
Alessandro Gibelli, direttore della Garzoni Sa, ha dichiarato a la Regione: «Noi abbiamo operato nel pieno rispetto delle leggi. Siamo completamente estranei e non abbiamo nulla a che vedere con il fallimento della Pleschina».