Skyguide cerca controllori del traffico aereo per l'aeroporto di Lugano-Agno. I residenti però non rispondono.
Niccolò Soldati, promotore del concorso: «Situazione inspiegabile». Rita Beltrami, capo dell'Ufficio dell'orientamento professionale: «In questo momento vedo giovani troppo intorpiditi».
LUGANO - Skyguide cerca due controllori del traffico aereo per l'aeroporto di Lugano-Agno. Ma ai bandi di concorso, rispondono quasi solo candidati italiani. Lo ammette Niccolò Soldati, promotore del concorso. «I residenti sembrano ignorare le nostre opportunità lavorative». Lo indica anche un altro dato: degli ultimi 4 allievi che hanno svolto e terminato la formazione in questione, 3 erano italiani.
Una formazione pagata da subito – Eppure il posto offerto da Skyguide, azienda leader nel ramo della navigazione aerea che agisce su mandato della Confederazione, è di quelli da leccarsi i baffi. Due anni di formazione, il primo a Dübendorf, nel canton Zurigo, e il secondo in Ticino. «Entrambi pagati. Con rispettivamente 2.000 e 2.400 franchi. Non dimentichiamoci poi che il primo stipendio da diplomato si aggira attorno agli 85.000 franchi annui».
Requisiti "alla portata" di molti – I requisiti non sono neanche così esagerati. Età compresa tra i 18 e i 30 anni. Almeno un attestato federale di capacità in mano. Buone conoscenze dell'inglese e di un'altra lingua tra francese e tedesco. «È una situazione inspiegabile».
Troppa pubblicità negativa all'aeroporto? – Forse, nel corso degli ultimi anni, si è fatta troppa pubblicità negativa all'aeroporto di Agno? Magari i ticinesi pensano di lanciarsi in una professione precaria? «Sarebbe assurdo visto che i candidati vengono assunti da Skyguide, che in tutta la Svizzera conta circa 850 posizioni come controllore di volo. Anche a Magadino abbiamo dei posti, per esempio».
Ticinesi abitudinari nelle scelte – Il marketing dalla centrale di Dübendorf è troppo orientato alla Svizzera tedesca? Ipotesi che non convince Rita Beltrami, capo dell'Ufficio cantonale dell'orientamento professionale. «Gli italiani ci arrivano lo stesso, e i ticinesi no? Purtroppo questa è una situazione che constatiamo anche in altri settori. È un po' come se la maggior parte dei giovani ticinesi tendesse sempre a infilarsi nei soliti canali professionali».
La stanchezza pandemica – Poi ci si lamenta che non c'è lavoro. «In realtà magari c'è. Ma bisogna sapersi guardare intorno. In questo periodo vedo troppi giovani intorpiditi, che si scoraggiano dopo avere mandato tre curriculum. Altri non si presentano neanche ai colloqui. Ci stiamo interrogando su quanto la pandemia possa pesare su questa tendenza. Siamo tutti in una condizione incerta, ma non bisogna scoraggiarsi. Ragazze e ragazzi oggi pongono le basi per il loro futuro. E nel futuro la pandemia sarà alle spalle».