Dietro le dimissioni del presidente delle FLP le resistenze degli azionisti privati sulla nomina di un membro di CdA
Il Cantone proponeva un tecnico, ma dall'altro fronte è giunta la proposta di far vestire la casacca di rappresentante pubblico ad un azionista. Da qui la frattura.
AGNO - «Non ho commenti da fare». All’indomani delle sue dimissioni da presidente della FLP, la società Ferrovie luganesi, Stefano Soldati tace sulle ragioni che lo hanno spinto ad abbandonare il trenino arancione. Di fatto, neppure ripete che lascerà la presidenza: «Non confermo e non smentisco». Ma l’annuncio - di cui ha dato per prima notizia laRegione - c’è stato, l’altra sera, nel corso di una animata assemblea degli azionisti. E giunge a ridosso della presentazione al pubblico dei nuovi treni, in programma durante la giornata di sabato. Insomma, come rovinare la festa. O quantomeno aggiungere imbarazzo tra le autorità.
Mezzo miliardo vale un posto in più - A scatenare il ritiro del Soldati, secondo quanto ricostruito da Tio/20Minuti, è stata una questione di “poltrone”, popolarmente dette “cadreghe”. Non quelle a bordo dei convogli, ma i più ambiti posti nel Cda della FLP. Chiedeva infatti più peso specifico il Cantone, alla luce del fatto che il trenino si appresta a entrare nella sua nuova dimensione di metrò del Luganese e anche dei 460 milioni di franchi che l’ente pubblico (tra Cantone, Comuni e Confederazione) investirà nell’opera.
L'accordo poi il dietrofront - All’ordine del giorno dell'assemblea figurava dunque la modifica degli statuti del Cda con l’aumento di un membro per l’azionariato pubblico (da 2 a 3) e la diminuzione di uno (da 3 a 2) tra i privati. Immutata invece la forza dei comuni, con due rappresentanti. I due fronti sembravano d’accordo e il Cantone era pronto a fare il nome del proprio nuovo rappresentante, non un politico, ma un tecnico. Proprio a sgombrare il campo dai dubbi che si trattasse di un gioco partitico e in un’ottica di una migliore gestione di una ferrovia che non è più quella fondata da Agostino Soldati nel 1912.
L'azionista privato cambia casacca - L’assemblea è deragliata quando per quel posto in più, e in contrasto con il nome del tecnico proposto dal Cantone, è giunta la controproposta di mettere una persona che è già azionista privato. Davanti al “no” dei rappresentanti cantonali su quel nome che avrebbe di fatto riportato il CdA alla stazione di partenza, il presidente ha deciso di propria iniziativa di scendere dalla carrozza.
Nessun attacco a Soldati - Una scelta autonoma che trova conferma nelle parole del direttore del Dipartimento del territorio. «Non intendevamo polemizzare con Soldati, e da parte nostra nessuno metteva in discussione la sua presidenza» commenta Claudio Zali. «Noi abbiamo semplicemente chiesto di avere più peso in Consiglio di amministrazione a fronte delle mutate circostanze, ma non volevamo, tra virgolette, far fuori nessuno. Men che meno il signor Soldati, con cui abbiamo sempre avuto rapporti cordiali».