Calci, pugni e pallone: dopo la rissa delle Semine, settimana da incubo per Mauro Cavalli, presidente del FC Locarno.
Alcune sue affermazioni hanno fatto parecchio discutere. Oggi questo 59enne genuino si sfoga: «Io sono una persona pacifica. Mi hanno detto che ho rovinato l'immagine della mia città».
LOCARNO - Per molti è stato il cattivo della settimana. Questo simpatico signore barbuto che dice pane al pane e vino al vino e che di mestiere fa il veterinario è balzato agli onori delle cronache in seguito ai fattacci del match calcistico di terza lega tra Semine e Locarno, giocato (e mai concluso) sabato sera a Bellinzona. Mauro Cavalli, 59 anni, dopo la recente scomparsa del compianto Sergio De Bernardi, è diventato presidente delle bianche casacche. E a pochi mesi dall'inizio del suo mandato, anche a causa di alcune sue frasi un po'ingenue, si è ritrovato catapultato in una bufera mediatica che non avrebbe mai voluto affrontare.
Presidente Cavalli, lei è stato protagonista di affermazioni discutibili. Ad esempio quando se l'è presa con l'arbitro dicendo che non ha avuto il coraggio di continuare la partita dopo la rissa.
«Ho sbagliato. Non ero lucido quando ho affermato certe cose. Ero un po' come il padrone che interviene a separare un cane dall'altro».
Oggi come si sente?
«Sono stato trattato un po' come un mostro da sbattere in prima pagina. Questa è la società moderna. Mi sono reso conto di quanto sia imbarazzante cercare di capire le dinamiche di una lite diventata di colpo pubblica. E quanto sia altrettanto imbarazzante dare spiegazioni a chi te le chiede. Non voglio più rivivere una situazione del genere».
Quattro giocatori, nel frattempo, sono stati sospesi e le due squadre coinvolte non giocheranno per alcune settimane.
«Mi sta bene. Tutto questo in attesa di decisioni definitive. Spero che saranno giuste e non esemplari. Perché è vero che ci sono stati comportamenti gravi. Però siamo tutti esseri umani».
Sta cercando (ancora) di giustificare calci e pugni?
«No. Io sono una persona pacifica. Il mio sogno è di stare in armonia col resto del pianeta. Ho tre figlie di cui sono orgoglioso e che si comportano benissimo. Forse diranno che sarà solo merito della mamma...»
Dunque?
«Il fatto è che questo mondo è davvero troppo competitivo e stressante. Già da piccolo ti insegnano che devi essere il migliore in tutti gli ambiti. Poi cresci e ti dicono che devi fare carriera e avere la paga alta. Uno poi accumula le tensioni e magari sbrocca al campo in maniera imprevedibile. Casualmente stavolta è toccato anche a noi. Ma vale anche per gli altri. È la società che dovrebbe darsi una regolata, certi episodi si verificherebbero con minore frequenza».
Anche il pubblico spesso ha comportamenti beceri e contribuisce a incattivire l'ambiente.
«Quelli intorno al campo sono nella medesima situazione mentale di quelli che giocano. Certi comportamenti c'erano già una volta. Ma si sono intensificati col tempo. Per questo la riflessione andrebbe fatta a livello sociale. Inutile punire chi fa sport e basta».
La società non si cambia in tre giorni. Intanto sui campi minori gli arbitri sono sempre più in difficoltà.
«Ma non per colpa di Semine e Locarno. È un problema generale. L'arbitro è visto come un parafulmine. Anche noi possiamo fare la nostra parte. Se un giocatore è nervoso o crea disagi, va tolto dal campo. Poi un giocatore si deve anche rendere conto che oggi ci sono i telefonini. Alla gente tra il pubblico non sfugge più nulla. Fai a botte e cinque minuti dopo sei sui social network. Questo fenomeno dovrebbe davvero essere un deterrente».
E pensare che il Locarno lo scorso anno era la squadra più sportiva delle leghe minori...
«Lo ripeto, nessuno è perfetto. È successo un brutto episodio. Non possiamo tornare indietro. Ci siamo scusati mille volte. Ma le scuse servono fino a un certo punto. Riguardando a mente fredda quelle immagini ci si rende conto che se un calcio colpisce qualcuno nel punto sbagliato ci scappa il morto».
Cosa le ha fatto più male in questa settimana di fuoco?
«I moralismi. Dalla Svizzera interna ho ricevuto messaggi in cui mi si diceva che rovinavo l'immagine di Locarno. Io sono una persona schietta, senza filtri. Ma chi mi conosce sa anche che sono corretto. La mia coscienza è a posto. Non istigherò mai nessuno alla violenza. E da adesso in poi insisterò ancora di più sulla prevenzione. Questa gogna mi ha fatto riflettere. Sono diventato presidente in seguito a una disgrazia, all'improvvisa scomparsa di Sergio De Bernardi. Ho sposato questo progetto perché credo nella rinascita del club, trascuro la mia salute psico fisica per questa squadra. Non accetto di essere definito come una persona cattiva, insensibile e senza principi morali».