Per i Verdi che hanno denunciato la demolizione, il decreto d'abbandono odierno non assolve l'Esecutivo
Il deputato Nicola Schoenenberger: «È paradossale che alla fine gli unici che rischiano una condanna sono dei ragazzi dissidenti. Quindi oltre al danno la beffa». La municipale Valenzano: «Contenta che si arrivi a una conclusione»
LUGANO - C’è un paradosso in tutta questa vicenda? «Certo che c’è e rimane lì, come un macigno, totalmente irrisolto. Ed è quello della presa di responsabilità delle istituzioni, in particolare di un Municipio, rispetto alle proprie azioni. La responsabilità politica rimane e nella migliore delle ipotesi è quella di non avere in mano i propri dicasteri» è il commento del consigliere comunale Nicola Schoenenberger, esponente di punta del partito, i Verdi, che ha denunciato i fatti accaduti tra il 29 e il 30 maggio scorsi. La notte delle ruspe. L’atteso - anche nel senso del tempo trascorso - decreto d’abbandono per la demolizione dell’ex Macello non monderebbe insomma il Municipio dal peccato originale.
Almeno questa è la reazione di chi ha voluto fortemente che il Ministero Pubblico indagasse sulle macerie fumanti di un’ala del centro sociale. I Verdi non reagiscono dunque come la municipale Karin Valenzano Rossi che, alla Rsi, ha dichiarato: «Noi eravamo tranquilli anche per il procedimento penale di cui noi non eravamo parte, tant'è che lo abbiamo appreso dalla stampa. (...) Sono contenta che si arrivi a una conclusione del procedimento penale, così che si possa finalmente affrontare il tema senza polemiche e speculazioni ma potendo cercare delle soluzioni al tema dell'autogestione a Lugano».
La credibilità perduta - Il “macigno”, secondo Schoenenberger, resta sul Municipio per «il suo defilarsi vergognoso dalla propria responsabilità, passando con una comunicazione pasticciata dall’"abbiamo ordinato la demolizione" al "non abbiamo ordinato un bel niente", cercando di costruire una narrativa di malinteso che alla fine è riuscita. Però il problema di fondo, quello della credibilità dell’Esecutivo, resta. Vai a spiegare al cittadino comune che un cantiere il sabato notte non lo puoi fare; che se vuoi abbattere uno stabile devi avere una licenza edilizia e una perizia amianto e se poi lo trovi, l’amianto, devi prendere delle misure… Quando è lo Stato stesso che tutte queste cose non le fa e se ne può infischiare uscendo poi pulito, senza multe e condanne. Quel problema non lo si demolisce. La fiducia nello stato di diritto è fortemente minata».
I perché della denuncia - Vero che formalmente il Procuratore generale Andrea Pagani ha dato tempo alle parti fino al 5 novembre per presentare eventuali altre prove. Ma per i Verdi l’inchiesta finisce qua: «Un partito politico non è un’agenzia investigativa, per cui non è in grado di produrre nuove prove in pochi giorni. La nostra denuncia era stata proprio volta a salvaguardare le prove eventualmente contenute nelle macerie che stavano per essere rimosse l’indomani. Tutto ciò per verificare la presenza dell’amianto e di altri inquinanti e la risposta è stata positiva, nel senso che queste sostanze c’erano».
L'amianto - In quantità però non tale da mettere in pericolo la salute pubblica… «Ma anche su questo punto c’è un aspetto manipolatorio, perché le leggi sull’amianto non definiscono delle soglie limite. Ma solo se c’è o non c’è e nel primo caso devi prendere delle misure di protezione per lo smaltimento. Non era una questione di quantità, anche se è chiaro che per la messa in pericolo della vita altrui, che però è un altro capo d’accusa, la quantità può essere determinante. Ma sulla violazione delle regole dell’arte edilizia conta la presenza o l'assenza dela sostanza pericolosa».
Il paradosso del cerino - Al paradosso iniziale rischia ora di aggiungersene un altro. Perché resta un secondo filone d’inchiesta, quello nei confronti dei molinari per i danneggiamenti e l’occupazione momentanea, “violazione di domicilio”, il reato ipotizzato, dell’Istituto Vanoni (poi demolito anch’esso, ma dagli stessi proprietari). «È certamente un paradosso perché alla fine gli unici che rischiano di venire condannati sono dei ragazzi dissidenti. Quindi oltre al danno la beffa. Lo Stato ne esce vincente, dopo aver risposto a un atto sicuramente illegale, con un altro atto molto più violento, pesante e incisivo».
Il retroscena - Quanto, infine, alla decisione anticipata oggi, Schoenenberger se l’aspettava.. «Per me è stato il primo pensiero il giorno che abbiamo scritto la denuncia, visto che si trattava di un atto politico. Ma era l’unico a nostra disposizione per poter bloccare le macerie». Sulla possibilità, poi, di impugnare l’annunciato decreto d’abbandono il Verde rivela un retroscena: «Adesso lo posso dire, perché non è mai trapelato, ma il magistrato ci ha comunicato in corso d'indagine che noi, come partito, non potevamo costituirci come accusatore privato. L’inchiesta è stata quindi fatta propria dal Ministero Pubblico e noi non siamo più parte in causa».