Otto deputati puntano il dito contro il DECS: «Come è possibile non essersi accorti per due anni del cambiamento?»
La vicenda tocca una cinquantina di giovani che dal 2018 hanno intrapreso gli studi universitari in psicologia in Italia. Quell'anno Berna ha reso obbligatorio un tirocinio e l'Esame di Stato italiano per il riconoscimento del diploma; ma in Ticino nessuno sarebbe stato a conoscenza di tale modifica
BELLINZONA - Spunta un “codicillo” nel pasticciaccio degli studenti ticinesi che hanno intrapreso gli studi di psicologia in Italia e si ritrovano con un diploma non spendibile in Svizzera.
Disorientamento scolastico - Sul caso, emerso in primavera, torna ora l’interrogazione denominata “Studenti di psicologia in Italia: vittime degli errori altrui?”, presentata dal granconsigliere Nicola Schoenenberger che punta il dito contro l’Ufficio dell’orientamento scolastico e professionale del DECS che «per ben due anni, ha orientato in maniera errata questi studenti». Ad unirsi all’atto parlamentare sono sette deputati di vari partiti (Claudia Crivelli Barella, Marco Noi, Tiziano Galeazzi, Matteo Quadranti, Tamara Merlo, Fiorenzo Dadò e Andrea Censi).
La vicenda - In estrema sintesi, fino al 2018 a chi si laureava in psicologia in Italia bastava poi fare uno stage di un anno presso un ente riconosciuto dal Cantone per potersi iscrivere all’albo professionale svizzero. Dal 2018 la Commissione federale delle professioni psicologiche (PsiCo) ha cambiato la prassi e da allora è necessario che chi studia in Italia faccia l’Esame di Stato italiano e svolga un tirocinio in Italia, che richiede però il domicilio.
Nuova prassi ignorata - Il guaio nasce dal fatto che questa modifica di prassi non è stata comunicata dall’Ufficio dell’orientamento scolastico agli studenti che intendevano studiare psicologia in Italia. Lo scorso 30 marzo, in un comunicato, lo stesso Ufficio dell’orientamento parlava di «un cambio di prassi non comunicato con sufficiente anticipo» dalla PsiCo. Come è possibile, chiedono invece i deputati al Consiglio di Stato, «che siano passati due anni senza che l’Ufficio dell’orientamento se accorgesse?»
Lo diceva il codicillo - «In realtà - si legge nell’interrogazione - tale cambiamento è menzionato in un codicillo di un documento della PsiCo, che apparentemente non è stato notato dall’Ufficio dell’orientamento cantonale». Questo pasticcio, sottolinea Schoenenberger, «comporta gravi pregiudizi per una cinquantina di studenti che, orientati in maniera errata dall’ufficio preposto ma in perfetta buona fede, hanno intrapreso gli studi in Italia». Con conseguenze pesanti, visto che «c’è chi ha interrotto gli studi e chi li ha completati senza che venissero riconosciuti in Svizzera (...). Altri continuano a dare esami in base alla vecchia prassi, aspettando che il Cantone trovi una soluzione che però tarda ad arrivare». Quali passi, chiedono i deputati, «ha intrapreso il DECS per ovviare al danno causato?».
Il legale attacca: «Le direttive c'erano, ma bisogna saperle cercare»
Ma non è solo la politica ad occuparsi della vicenda, uno dei cinquanta studenti si è infatti rivolto a uno studio di consulenza legale specializzato in campo scolastico: «Le direttive erano chiare - interviene Alberto Zoppi -. Certo bisogna andare a cercarle. Ma se i funzionari non sono in grado di usare gli strumenti elettronici non possono poi dare la colpa agli altri di non aver visto. Non è giusto scaricare le responsabilità sui ragazzi».