Il Sindacato svizzero dei massmedia parla di «inizio di un dibattito su una cultura aziendale più rispettosa»
L'SSM aveva raccolto 39 segnalazioni. Ma diverse si sono perse per strada, spiega il segretario Rolando Lepori: «C'è chi ha avuto paura di ritorsioni. Altri non se la sono sentita di proseguire perché questo malessere li usurava».
COMANO - Cinque violazioni della personalità tra i dipendenti della Radiotelevisione svizzera, ma niente mobbing, né molestie sessuali. Per il Sindacato svizzero dei massmedia, che aveva raccolto e chiesto chiarezza su 39 segnalazioni, «oggi non è la fine delle inchieste, ma - commenta il segretario dello SSM Rolando Lepori - l’inizio di quello che sarà il dibattito sulla cultura aziendale alla RSI che va riformata e rimessa su canali di maggior rispetto del personale».
Quanto ai risultati dell’inchiesta, continua il sindacalista, «ne prendiamo atto. Sono quelli scaturiti dalle segnalazioni e dunque a queste vanno ricondotti. Vorremmo però evitare che vengano banalizzati o minimizzati perché le sanzioni sono solo, diciamo, cinque. Questo sarebbe un grosso errore, perché vorrebbe dire non prendere atto di un cambiamento necessario. Ma non vedo una volontà in tal senso».
Non per andare giocoforza alla scoperta del torbido, ma una riduzione dell'accaduto ai meri “conflitti di lavoro” significa che altre denunce si sono perse per strada? Qualcuno si è tirato indietro?
«Sì. Ma partiamo innanzitutto dal presupposto che 39 persone hanno avuto il coraggio di segnalare. Altre, per ragioni varie, questa forza non l’hanno trovata, magari per paura di ripercussioni o rappresaglie sul posto di lavoro. Parlo soprattutto di alcune persone ancora dipendenti della RSI. Su chi ha deciso di andare avanti ci sono diverse considerazioni possibili: la prima è che segnalare la propria situazione poteva essere, tramite l’ascolto del problema, già liberatorio e soddisfacente. Di chi può aver avuto paura si è detto. Altri, dopo il primo colloquio con gli avvocati, si sono resi conto che questo malessere li usurava e non se la sono più sentita di affrontare testimoni e udienze successive. Diverse sono le motivazioni che hanno spinto alcuni a fermarmi».