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CANTONE / UCRAINA«I miei familiari sono rimasti in Ucraina a combattere»

15.03.22 - 06:03
La testimonianza di Svetlana Vakula Rozner, una donna ucraina che abita da tredici anni in Ticino.
Reuters
«I miei familiari sono rimasti in Ucraina a combattere»
La testimonianza di Svetlana Vakula Rozner, una donna ucraina che abita da tredici anni in Ticino.
Papà, sorella e fratello vivono a un'ottantina di chilometri da Kiev. «Li sento regolarmente e percepisco la loro determinazione». Zelensky? «Ha fatto un miracolo». Putin? «È un despota e spero che il Tribunale dell'Aja faccia giustizia».

GIUBIASCO - Un senso d'impotenza. Un’inquietudine che la accompagna da quel maledetto 24 febbraio, il giorno in cui la Russia ha invaso la sua Ucraina. Da quel giorno la vita di Svetlana Vakula Rozner, che dall’aprile del 2009 abita a Giubiasco con il marito Fausto, è stata stravolta. 

Resistenza - I suoi cari, infatti, vivono ancora là nel loro Paese natale. E hanno deciso di non abbandonarlo, nonostante i bombardamenti incessanti delle forze militari russe. Bombardamenti che hanno più volte colpito anche Bila Tserkva, la città in cui vivono, che si trova a un’ottantina di chilometri dalla capitale Kiev. «Mio fratello, mia sorella e mio papà - ci racconta Svetlana - hanno deciso di rimanere in Ucraina per difendere le loro proprietà e la loro nazione dall'aggressione russa». 

Patrioti - Una scelta, quella di restare, che non sorprende Svetlana. «Sento i miei familiari abbastanza regolarmente e percepisco la loro determinazione nel combattere l’invasore. Anche se - precisa - nascosta sotto questa corazza riesco ad avvertire la loro paura e il loro sconforto per la situazione».

Un Paese devastato - Sentimenti che nascono dagli orrori a cui i suoi familiari sono chiamati ad assistere e che lei vive di riflesso dal Ticino. «I loro racconti e i filmati che mi inviano sono sconvolgenti e mi toccano nel profondo. Buona parte del Paese, tra cui anche la nostra città, è stato devastato dalle bombe e dovrà essere ricostruito. E poi tutti quei morti e quei feriti. È un vero dramma che mio fratello, medico e volontario nella Difesa territoriale, tocca con mano ogni giorno».

Il simbolo Zelensky - Il popolo ucraino però non ha ceduto. I combattimenti, sempre più aspri, continuano da ormai più di due settimane. Le bombe e le atrocità non hanno però intaccato una resistenza che probabilmente nessuno, Russia in primis, avrebbe immaginato così tenace. Una tempra battagliera che secondo la giubiaschese d’adozione ha (anche) il volto del presidente. «Zelensky e il suo entourage hanno fatto un miracolo. Grazie a loro molti Paesi si sono attivati al nostro fianco dando speranza a un popolo che vuole difendere la propria democrazia e la propria libertà. Certamente il mio Paese non accetterà di essere governato da altri».

Il «despota» Putin - Svetlana, poi, si rivolge direttamente all’artefice di tutta questa sofferenza. Ovvero a Vladimir Putin, per cui domenica l'ex-procuratrice capo del Tribunale Penale internazionale Carla Del Ponte ventilava «un mandato di cattura» per «crimini di guerra e contro l’umanità». «La storia lo ricorderà come un despota non-illuminato che si è permesso d'invadere l’Ucraina provocando sofferenza, morte e devastazione. La mia speranza - conclude - è che il Tribunale dell’Aja, nei modi e nei tempi previsti, faccia giustizia».

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