Mentre impazza il dibattito sulle criptovalute, Lugano avrebbe intenzione di avviare un progetto di "mining" pubblico
Il Comune non commenta. Intanto a Chiasso il progetto di incassare imposte in bitcoin ha fatto flop: «Solo un pagamento» in cinque anni
LUGANO - Uno solo. Chissà cosa ne pensa del dibattito sulle criptovalute, l'anonimo contribuente di Chiasso che ha già pagato le imposte in bitcoin. È l'unico, in cinque anni. Ebbene sì: la città di confine è stata la prima in Ticino a introdurre la possibilità nel 2018, ma da allora a oggi «vi è stato un solo pagamento» spiegano dal Municipio.
Corsa all'oro - Non proprio un successone, considerate le aspettative crescenti riposte nelle critpovalute dalle istituzioni in Ticino. A Lugano ha suscitato scalpore - e polemiche - la partnership del Comune con Tether, una piattaforma che promette di portare «fino a 100 milioni di investimenti» sul Ceresio. Prima della Città, già il Granconsiglio ad aprile scorso aveva approvato un progetto pilota, che prevede il pagamento di alcuni servizi cantonali - non delle imposte, diversamente che a Lugano - in valuta digitale. Come è andata?
Il flop di Chiasso - Il vero apripista nel campo in realtà, come detto, è stato il Comune di Chiasso e qui i risultati non sembrano incoraggianti. Le cripto-imposte «possono essere pagate con un limite di mille franchi per ogni singola rata d'acconto e per il conguaglio» e non si accettano bitcoin per altri servizi, spiega l'esecutivo. Il Cantone al contrario ha deciso di accettare le criptovalute «inizialmente solo per alcuni servizi e per importi piccoli» tra i 20 e i 30 franchi, fanno sapere dal Dfe. Questo «per testare il flusso dei pagamenti in entrata».
In cerca di un garante - Anche da Bellinzona però niente dati, per ora, perché «il progetto prevede un adattamento del portale dei servizi online dell'amministrazione cantonale» e finora «non sono ancora stati incassati pagamenti». Se ne parlerà da giugno, probabilmente. Non è ancora stata individuata la società privata che garantirà il cambio dai bitcoin ai franchi.
Lugano accelera - Nel frattempo Lugano corre e, secondo alcuni, un po' troppo. Un limite per il pagamento delle imposte sul Ceresio non ci sarà, fanno sapere dalla Città. Da ambienti vicini al progetto trapela un passo ulteriore, ossia l'intenzione dell'esecutivo di realizzare il «primo impianto di mining pubblico» utilizzando computer comunali per "scavare" criptomonete con la tecnologia block-chain. Le voci sono piuttosto precise: a margine del lancio del "Piano B" il 3 marzo si sarebbe parlato di «un investimento di 20 milioni di franchi» da parte della Città, con una potenza di 10 megawatt ora.
No comment - Contattata, la Divisione sviluppo economico del Comune non ha commentato né fornito dettagli. Quel che è certo, è che il progetto dovrebbe passare eventualmente dal Consiglio comunale: e in tempi di caro-bollette l'umore del legislativo non sembra troppo ben disposto. L'impatto ambientale delle criptovalute - le miniere di bitcoin sono particolarmente "energivore" - è stato sottolineato da due interrogazioni al Consiglio di Stato (una interpartitica, prima firmataria Morena Ferrari Gamba, l'altra del Ps) solo settimana scorsa. Altre due, a inizio mese, erano state presentate da Ticino&Lavoro e dai Verdi. Resta da vedere se la miniera, oltre a tante polemiche, produrrà altrettante entrate per le casse pubbliche.