Il Decs ha segnalato al Ministero pubblico gli istituti Uniharris e Uniswiss. «In Ticino per aggirare le normative Ue»
LUGANO - Un sedicente ateneo siciliano con "filiale" sul Cassarate. Un'università "degli Studi" con sede a Chiasso, ma senza un indirizzo preciso. Le lauree fantasma non sono sparite dal Ticino, anche se si sono fatte ancor più evanescenti.
In via Maggio a Lugano ad esempio non c'è nemmeno una bucalettere: in un palazzo di uffici, sede di fiduciarie e società finanziarie, si nasconde la sede luganese della UniHarris, "ateneo" non autorizzato con sede legale a Palermo, che sul Ceresio eroga - a suo dire - lauree per ben 133 percorsi di studi, dalla "a" di archeologia alla "t" di traduzione specialistica.
A giudicare dall'offerta formativa ci si aspetterebbero frotte di laureandi: ma se gli studenti-fantasma ci sono, non si vedono. La segreteria è raggiungibile a un numero di telefono italiano e, contattata, spiega che «i servizi vengono offerti principalmente a studenti italiani».
Il centralinista non fa mistero del fatto che «a Lugano c'è solo un ufficio di rappresentanza» ossia una scrivania senza personale. Non vengono offerti corsi, ma solo certificazioni: una pratica che è vietata nell'Unione Europea da normative comunitarie: «Per questo motivo ci appoggiamo a Lugano».
Peccato che il "diplomificio" si pubblicizzi sul web come università, facendo abbondante uso di termini protetti come "laurea", "ateneo", "PhD", contravvenendo anche alla legge ticinese. La Divisione della cultura e degli studi universitari (Dcsu) del Decs si è attivata, denunciando la società al Ministero Pubblico che ha aperto un procedimento al riguardo.
Anche la società Uniswiss sembra replicare la stessa struttura. Con la differenza che la presunta sede a Chiasso non ha nemmeno un indirizzo - il sito web indica solo il Cap Ch-6830 - e al numero di telefono non risponde nessuno. Anche qui si offrono "corsi di laurea", "crediti formativi universitari", "master" e "dottorati" come fossero frutta e verdura.
«Siamo consapevoli dell'arrivo sul territorio di questi istituti che abusano dei termini protetti dalla legge senza autorizzazione e senza disporre dei requisiti e di una struttura adeguata» spiega la direttrice del Dcsu Raffaella Castagnola Rossini. «Società di questo tipo hanno dimostrato di essere molto mobili sul territorio nazionale: per questo esiste una banca dati condivisa che facilita l'azione di contrasto da parte dei vari Cantoni». Dopo un articolo pubblicato a novembre da tio.ch/20minuti, anche Uniswiss è stata segnalata alla Procura con l'ipotesi di abuso di termini universitari protetti. Sperando che nel frattempo nessuno abbia abboccato all'amo.