Disabilità nella società? «La Svizzera ha ancora dei passi importanti da fare», secondo Danilo Forini di Pro Infirmis
L’associazione ha intanto lanciato un percorso per le persone con disabilità che desiderano impegnarsi in politica
BELLINZONA - In Svizzera sono quasi un milione, eppure in politica sono nettamente sotto-rappresentate. Si tratta delle persone con disabilità, per cui dovrebbe essere possibile come lo è per tutti, senza ostacoli, una carriera nell'esecutivo o nel legislativo.
È quanto sostiene Pro Infirmis, citando un rapporto del Comitato delle Nazioni Unite che ha valutato l’implementazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (CDPD).
Per questo motivo, l'associazione ha deciso di organizzare un percorso formativo in tre serate (condotto da persone esperte) rivolto a persone con disabilità che desiderano impegnarsi in politica o che sono già attive, anche a livello di associazioni. Al termine del corso ci sarà un incontro con Raffaele De Rosa, Direttore del Dipartimento della Sanità e della Socialità e Claudio Zali, Presidente del Consiglio di Stato, per discutere e dibattere della tematica.
Nel 2022, quindi, si può e si deve ancora fare molto per includere nella società le persone con disabilità? Ne abbiamo parlato con il Direttore cantonale di Pro Infirmis, Danilo Forini.
I diritti delle persone con disabilità sono ancora lontani dall’essere rispettati, anche in Svizzera?
«Sì, c'è stato un rapporto (nel mese di aprile) della Commissione Onu per i diritti delle persone con disabilità che ha analizzato l'applicazione della relativa convenzione e che è stato in alcuni passaggi molto critico, in particolare riguardo alla possibilità di auto-determinazione delle persone con disabilità. Quindi il poter scegliere ad esempio liberamente dove vivere, che tipo di attività fare, ecc... La Svizzera ha moltissime offerte di accoglienza ed è all'avanguardia nelle cure, ma sul fatto che una persona possa scegliere di vivere autonomamente in casa, avere un lavoro, una vita integrata, ci sono ancora dei passi importanti da fare».
Da qui si parla di politica...
«Un altro punto legato a questo è appunto la possibilità di poter partecipare in ruoli chiave del Paese, possibilità che non è sempre assicurata a causa degli ostacoli che ancora ci sono e che sono fisici (ad esempio il gradino vero e proprio che impedisce di entrare in uno stabile) e mentali (c’è qualcuno che lo ha messo, il gradino). A tal riguardo, ci sono ancora persone che vedono prima la disabilità rispetto alle qualità della persona. Pensando al mondo del lavoro, un datore può avere, anche inconsapevolmente, dei pregiudizi per cui una persona con disabilità fa poi fatica a essere considerata competitiva sul mercato del lavoro».
A livello normativo manca ancora qualcosa?
«Manca una legge quadro sia nazionale che cantonale, che possa stabilire i presupposti che permettono alle persone con disabilità di avere le proprie chance. Un primo passo importantissimo saranno le votazioni cantonali del 30 ottobre: dopo il voto positivo in Parlamento (Danilo Forini siede in Gran Consiglio, ndr.) anche il Popolo si esprimerà su un articolo costituzionale per cui verrebbe garantito il diritto all'inclusione delle persone con disabilità, oltre al riconoscimento della lingua dei segni italiana».
Le persone con disabilità sono sotto rappresentate nella politica svizzera?
«Almeno un milione di persone in Svizzera ha un danno permanente della salute, e sono quindi considerate persone con disabilità. Questa percentuale di popolazione non la ritroviamo tra i rappresentanti politici. Da qui la decisione di offrire questo corso, che ha una valenza anche simbolica di comunicare alle persone con disabilità di essere legittimate, di lanciarsi e provare, se è qualcosa che avrebbero piacere fare, e di avere una vita politica o associativa (società civile)».
Avete già fatto questo corso in Svizzera interna, avete incontrato delle persone che non se la sentivano?
«Sì, devo dire che ci sono state diverse persone anche con delle disabilità evidenti che grazie a questo corso hanno avuto il coraggio di approfondire determinati percorsi e possibilità. Il corso poi offre indicazioni concrete, pratiche, e molte persone hanno espresso il fatto di essersi sentite più rinfrancate e legittimate a provare un’esperienza di questo tipo».
Come è andata?
«Si è creata una rete tra le persone stesse che hanno partecipato - anche di orientamenti politici diversi - e che si sono poi ritrovate nuovamente il due settembre a Berna (il corso è già finito l’anno scorso, ndr.). Si sono riunite circa 80 persone, con dei movimenti di rappresentanza diretta che stanno nascendo. Speriamo che anche dal Ticino, al di là della questione linguistica, sia possibile agganciarsi a questo movimento nazionale».
È anche importante per il territorio essere inclusivi: una persona disabile può portare una sensibilità che in politica manca?
«Certamente, per Pro Infirmis come organizzazione professionale vale il motto: "niente su di noi, senza di noi". Nel senso che è importante che i bisogni delle persone con disabilità siano rappresentati anche direttamente da persone con disabilità e non sempre solo da professionisti e familiari. È chiaro che poi rimangono delle persone che non possono esprimere il loro bisogno, e perciò ci vuole sempre qualcuno che le rappresenti».
In Ticino, il Consigliere di Stato Manuele Bertoli, può essere un'ispirazione?
«Assolutamente, noi abbiamo l’esempio del Consigliere di Stato che ha dimostrato che è possibile fare in modo che le persone mettano davanti prima l'uomo politico rispetto a un deficit, visivo in questo caso. Manuele Bertoli ha mostrato che è possibile superare questi ostacoli e avere una brillante carriera politica».
Forse fa paura anche un po' quello che gira attorno alla politica? Recentemente Greta Gysin ha parlato di odio, insulti online. Parlerete anche di questo?
«Abbiamo scelto di fare un modulo con due rappresentanti politici (Laura Riget e Nicola Pini) proprio sulla loro esperienza di condurre una campagna, e quindi sicuramente anche quelle social. Penso che un confronto diretto con chi ha vissuto queste esperienze sia importante. E poi ci sarà un modulo con Aldo Sofia - Presidente dell’associazione ticinese dei giornalisti - a cui abbiamo chiesto di affrontare sia i media tradizionali che i social media».
In Ticino avete quindi avuto un riscontro positivo dal Governo?
«Sì, abbiamo voluto - aldilà del corso - fare un dibattito pubblico con il Presidente del Consiglio di Stato e il Direttore del DSS che potranno interloquire con i partecipanti per lanciare anche un dibattito sulla questione, una sensibilizzazione sia per la popolazione che per le istituzioni».
In conclusione, cosa vi sentite di dire a qualcuno che vorrebbe entrare in politica, ma non se la sente?
«Provare a venire alla serata online di presentazione del corso, il 29 settembre. In ogni caso, il corso è un’occasione di crescita e di confronto, per acquisire competenze anche in vista del futuro, e non è obbligatorio poi candidarsi o iscriversi a un partito».