Scandali alle spalle, le raffinerie ticinesi - che producono quasi metà dell'oro fino globale - puntano alla trasparenza
MENDRISIO - In pochi sanno che in Ticino si produce quasi la metà dell'oro fino del mondo, in tre raffinerie momò che vengono denominate il "Triangolo d'oro".
Diversi scandali hanno però negli anni colpito il settore: in primis l'argomento dell'origine dell'oro (proviene da Paesi dove le persone sono sfruttate? O dove l'ambiente è inquinato?), ma anche la poca trasparenza e la bassa sostenibilità hanno fatto piombare le raffinerie svizzere sulle prime pagine dei giornali.
Ora vi è però una nuova generazione di dirigenti e amministratori delegati che vogliono ripulire l'immagine delle raffinerie ticinesi. Lo racconta in un approfondimento il domenicale NZZ Am Sonntag, ricordando che quattro delle sette più grandi raffinerie di metalli preziosi del mondo si trovano in Svizzera: una vicino a Neuchâtel, le altre tre nella zona di Mendrisio (descritta dai portali specialistici come "Triangolo d'oro"). Ogni anno in Svizzera vengono raffinate in oro fino tra le 1'800 e le 2'200 tonnellate di materia prima, e le tre raffinerie d'oro in Ticino danno lavoro a circa 900 persone.
Perché a Mendrisio?
Il domenicale ha intervistato per primo Robin Kolvenbach, il nuovo amministratore delegato della raffineria di Argor-Heraeus di Mendrisio, che trasforma l'oro grezzo in oro fino. Ad Argor-Heraeus - che è di proprietà del gruppo tecnologico tedesco Heraeus - la capacità massima è di 1'100 tonnellate all'anno.
«Il fatto che tre delle più grandi fonderie di oro e metalli preziosi del mondo abbiano sede in Ticino è dovuto alla sua vicinanza all'Italia», ha spiegato il Ceo. Quando l'azienda è stata fondata nel 1951, l'80% dei produttori mondiali di gioielli in oro si trovava infatti nel nord Italia. Seppur sia ancora importante, questa regione è però stata superata dall'India, che è diventata il più grande produttore di gioielli.
Punzecchiato sull'argomento delicato dell'origine dell'oro, per cui Argor-Heraeus è stata criticata nel 2004 dall'ONG Trial («si procura l'oro dal Congo orientale-Kinshasa, dove infuria una guerra civile»), Kolvenbach ha preso le distanze: «La dirigenza di oggi non ha nulla a che fare con quella precedente, i tempi sono cambiati. Oggi collaboriamo con organizzazione non governative che si battono per un "oro equo"».
«Accuse infondate e calunniose»
Anche la seconda fonderia d'oro in Ticino, MKS Pamp, che appartiene al fornitore di servizi di trading MKS Pamp Group con sede a Ginevra, attribuisce sempre più importanza alla trasparenza. Secondo il suo amministratore delegato, Phaedon Stamatopoulos, si tratta della prima raffineria al mondo ad aver ridotto le proprie emissioni di CO2. Inoltre, Stamatopoulos ha affermato che l'impresa - che ha una capacità picco di 1'700 tonnellate all'anno - mantiene un rapporto costruttivo con la fondazione umanitaria Swissaid, contribuendo a sensibilizzare il settore.
Nelle vicinanze vi è quella che molti operatori definiscono «la più grande raffineria del mondo»: la Valcambi di Balerna, che appartiene al commerciante indiano di oro e gioielli Rajesh Exports Limited. Anche Valcambi è stata accusata in passato, in particolare da Swissaid, di aver acquistato oro dalla società Kaloti, che lo otteneva dai conflitti del Sudan meridionale. «Le molteplici ispezioni delle autorità federali non hanno però riscontrato alcuna violazione della legge», ha affermato Michael Mesaric, amministratore delegato dell'azienda, spiegando che ora vanno anche oltre: «Valcambi è l'unica raffineria al mondo che richiede una dichiarazione di origine penalmente vincolante ai propri fornitori».
Questo significa che se un fornitore mente sull'origine dell'oro, la raffineria non lo prende e anzi, denuncia il fornitore in questione. Mesaric ha poi aggiunto che l'azienda effettua anche delle ispezioni senza preavviso nelle miniere. Ma dove si trovano? Il Ceo ha qui citato Australia, Canada e Stati Uniti. Il manager ammette di essere ancora infastidito dalle accuse di Swissaid: «Erano infondate e calunniose, per questo Valcambi ha fatto causa all'agenzia umanitaria».
«Va chiesto il luogo d'origine»
Capitolo chiuso? Affatto. Al giornale zurighese Markus Allemann, Direttore generale di Swissaid, ha criticato che la causa legale intentata da Valcambi sia finalizzata «a intimidire e mettere a tacere la sua organizzazione». Non solo, secondo Allemann Valcambi non ha smentito alcuni punti del rapporto: «Né i rapporti d'affari con Kaloti né la quantità di oro importata dagli Emirati Arabi».
Nonostante i controlli, secondo Swissaid, le raffinerie svizzere sono state ripetutamente coinvolte nell'importazione di oro impuro (quello associato a violazioni dei diritti umani, inquinamento ambientale, riciclaggio di denaro o finanziamento di conflitti armati).
Per questo motivo, Allemann è critico anche con le autorità: «Nel 2021, per oltre la metà dell'oro importato non è stato indicato pubblicamente il Paese di origine. La dogana svizzera non richiede questo dato, ma solo l'indicazione del luogo in cui l'oro grezzo è stato lavorato per l'ultima volta».
Solo il tempo potrà dire quindi se l'oro prodotto in Ticino brillerà, in futuro, di una maggiore trasparenza.