A metterlo in atto, spiegano dall'ACSI, sono soprattutto le grandi aziende. Coop e Migros: «Non sui nostri prodotti»
LUGANO - Forse non tutti se ne saranno accorti, ma c’è un preoccupante fenomeno che sta attecchendo tra le corsie dei supermercati. Parliamo della “shrinkflation”, in soldoni “sgrammatura”, in pratica la tendenza a ridurre la quantità di prodotto all'interno delle confezioni, mantenendone però invariato il prezzo. Ma anche la tendenza a rimpicciolire gradualmente le confezioni lasciando inalterata l'etichetta del prezzo (che in realtà cresce se considerato “al chilo”).
«Esiste anche in Svizzera» - Diverse associazioni dei consumatori hanno già denunciato questa pratica. Anche l’Associazione Consumatori della Svizzera italiana (ACSI) si è chinata sul problema. Ivan Campari, redattore de “La Borsa della Spesa” (il periodico dell’ACSI), lo conferma: «Sicuramente la shrinkflation esiste anche in Svizzera, visto che non c'è motivo di pensare a strategie di vendita differenti rispetto ad altri paesi. Tuttavia non siamo in grado di fornire cifre precise o informazioni dettagliate. Attualmente stiamo raccogliendo segnalazioni dai consumatori proprio su questo tema. In seguito, proprio a partire da questa raccolta di segnalazioni, è possibile che torneremo a parlarne sulla nostra rivista».
Un fenomeno recente - Da quanto è in atto il fenomeno? «Impossibile dirlo - spiega Campari -. Probabilmente dall'alba dei tempi visto che si tratta di un trucco piuttosto generico, che qualsiasi venditore può mettere in atto con facilità. Tuttavia l'uso del termine inglese "shrinkflation" è relativamente recente. È stato coniato nel 2009 e diffuso nel mondo anglosassone soltanto verso la metà degli anni 2010».
Colpa della crisi, ma non solo - Il particolare contesto è chiaramente favorevole, come conferma l'esperto. «Le aziende si trovano confrontate con dei costi maggiori e c'è chi cerca di scaricarli sui consumatori. La “shrinkflation” può fare molto comodo come alternativa ad un aumento dei prezzi tout court».
E alcuni prodotti sono più "manipolabili" di altri. «Generalmente - prosegue Campari - il fenomeno interessa soprattutto quei prodotti la cui quantità può essere modificata con relativa facilità, come i prodotti alimentari, di igiene e di pulizia. Accadde anche con il Toblerone, che nel 2010 vide "dimagrire" di ben 30 grammi la confezione da 200 grammi. Stesso calo di peso apportò la Nestlé ai sui After Eight. Gli esempi sono numerosi». A mettere in pratica strategie di questo tipo sono, poi, i grandi marchi. «Molti dei casi conosciuti riguardano prodotti come Coca Cola, Toblerone o Gatorade. Spesso dietro queste pratiche si celano i colossi del calibro di Mondelez, Nestlé, Coca Cola, Unilever o Danone. È molto più raro che ciò avvenga per piccoli marchi, che hanno anche più difficoltà nel cambiare la composizione dei propri prodotti dall'oggi al domani».
Come difendersi - Per evitare di pagare di più per i medesimi prodotti (senza neppure rendersene conto), per Campari «occorre avere presenti i prezzi indicizzati (per esempio al litro, o al kg), anziché basarsi sul prezzo della confezione. Perché quello che conta è ciò che è effettivamente contenuto in quella confezione. In tal senso, utilizzando lo sfuso non si corre questo rischio e ci si abitua anche a capire il prezzo reale dei prodotti. Quando si acquistano invece prodotti confezionati, bisognerebbe prendere l'abitudine di controllare cosa vi è contenuto, soprattutto se la confezione è appena stata cambiata».
Migos e Coop: «Non sui nostri prodotti» - Ma cosa ne pensano le principali catene di supermercati in Svizzera? «Migros Ticino propone oltre l’80% di prodotti con il proprio marchio. E le Industrie Migros non hanno adottato questa strategia», rassicurano dal gigante arancione. Che il contesto sia delicato appare però evidente: «Con scarsità e rincari importanti di alcune materie prime e degli imballaggi (carta, plastica, ecc…), è capitato di dover fare delle riflessioni per ottimizzare i costi del confezionamento: ad esempio, in alcuni pacchi di carta igienica è stato ridotto il numero dei rotoli. Ma il peso totale del prodotto è rimasto invariato, oppure il prezzo è stato percentualmente ridotto».
Migros Ticino, sottolinea il suo portavoce Luca Corti, «è convinta che la trasparenza e il rispetto della clientela siano fondamentali. Quando non vi è altra soluzione è preferibile ritoccare il prezzo, spiegando chiaramente il perché, piuttosto che utilizzare strategie eticamente discutibili che possono arrecare importanti danni d’immagine all’azienda».
Praticamente analogo il discorso presso Coop che assicura di non utilizzare questa pratica per le proprie marche. E aggiunge pure di non aver notato un aumento sostanziale di questo fenomeno con i prodotti di marca. «Al momento siamo a conoscenza solo di una manciata di casi di questo tipo e dovuti all'aumento dei prezzi delle materie prime a livello mondiale, alla scarsità di materiale da imballaggio e all'aumento dei costi di trasporto e di energia». Coop cita anche il caso Mars per mostrare l'impegno per garantire prezzi equi ai propri clienti. La catena, infatti, ha recentemente deciso di eliminare, per un lungo periodo di tempo, diversi prodotti dal suo assortimento. Il motivo? «Le richieste di aumento di prezzo erano superiori alla media e sproporzionate».