Khaleda, 32enne afgana, vive settimane di attesa. Per fare restare in Svizzera lei e sua figlia sono state raccolte quasi 3.000 firme.
GERRA VERZASCA - Una valanga di firme, quasi 3.000, in pochi giorni. Attorno a Khaleda, 32 anni, e a sua figlia Satayesh (8) si sono stretti tanti ticinesi. In primis la comunità della Verzasca, valle in cui madre e bimba, fuggite dall'Afghanistan, abitano. Potranno restare in Svizzera? «Serviranno probabilmente mesi per avere una risposta dalle autorità», ammette Valentina Matasci, firmataria della petizione.
La registrazione in Slovenia – Valentina vive a Brione con la sua famiglia. E come tanti verzaschesi ha preso a cuore la causa di Khaleda e Satayesh. La vicenda è nota. Le due profughe rischiano di dovere tornare in Slovenia, il primo Stato dell'area Schengen in cui sono state registrate. La convenzione di Dublino imporrebbe che ricevessero asilo lì. Non in Svizzera. In Slovenia tuttavia la gestione delle domande d'asilo sarebbe complicata.
Disagio e disperazione – Dopo la petizione ora la palla si trova nel campo della Segreteria di Stato della migrazione che già lo scorso maggio aveva rispedito madre e figlia in Slovenia. «Non oso pensare a una risposta negativa – racconta Khaleda in un video –. Qui ho trovato veramente la pace. Voglio ringraziare tutti quelli che hanno firmato. Sono contenta ed emozionata. In tanti hanno capito il mio dolore e la mia disperazione. Però ho anche paura ovviamente. Le persone attorno a me sono fiduciose, dicono che andrà bene».
La voglia di integrarsi – Col passare dei mesi Khaleda e sua figlia si stanno sempre più integrando nel tessuto sociale della valle. «Satayesh frequenta la scuola elementare. E io sto seguendo un corso per imparare l'italiano. Mi piacerebbe lavorare come sarta, sono anche brava con la pittura. Rispetto all'inizio, io e mia figlia siamo un pochino più serene e allora ci godiamo anche la natura, facendo belle passeggiate nei boschi».
Una situazione molto delicata – Khaleda è scappata da un Paese in guerra. Ma anche da una situazione famigliare molto delicata, con un marito violento. Anche per questo ha bisogno di un contesto sereno in cui voltare pagina. «Si sta davvero dando da fare per ricominciare la sua esistenza e per dare un futuro a sua figlia – conferma Valentina Matasci –. Con lei facciamo un sacco di cose. Come se fosse una persona del posto. Magari un giorno le insegneremo anche il dialetto».
Le speranze e i dubbi del sindaco – Ivo Bordoli, sindaco di Verzasca, è orgoglioso dell'ondata di solidarietà partita dalla sua valle. «Questo dimostra quanto buon cuore ci sia nella nostra regione – dice –. Spero ovviamente in un lieto fine. Da quello che so questa donna e sua figlia meriterebbero davvero di potere restare. Sono leggermente meno ottimista se penso al fatto che in passato c'è stato un precedente che un po' mi ricorda questo caso. E non andò a finire bene. Però ogni vicenda è a sé. Stiamo a vedere».