Abusi sessuali e mobbing da parte di un ex dirigente di Unitas. Il racconto di alcuni soci.
LUGANO - Si chiamano Gabriele Ghirlanda, Barbara Veccia, Anita Figini, Claudia Biasca e Giancarla Bonardi. Sono solo alcune della trentina di persone che l’11 marzo scorso hanno chiesto le dimissioni dei comitati dell’associazione e delle fondazioni di Unitas. «Unitas ci rispose che per prendere delle decisioni bisognava aspettare le conclusioni dell’audit ordinato dal DSS», ci dice Gabriele.
«Dall’audit ci aspettavamo tantissimo» racconta Claudia, che aggiunge: «io mi aspettavo un’ammissione di responsabilità da parte dei dirigenti; mi aspettavo anche un passo indietro utile a lasciare il campo a gente più capace e meno compromessa».
Venti anni di coperture - Sulla stessa scia Anita: «Così come è stata messa nei comunicati ufficiali sembra che ci sia stata qualche manchevolezza d’ordine amministrativo. Le vittime e i soprusi subiti sono stati completamente dimenticati. È scandaloso che oggi alle vittime sia imposta una dirigenza che ha coperto oltre 20 anni di molestie». Un tempo lunghissimo, fatto notare anche da Giancarla: «Sono 40 anni che sono in UNITAS ed è sempre stato così. Gli piaceva toccare le donne e far loro proposte oscene, tutte eravamo molto a disagio. Quando c’erano i ritiri spirituali, di notte, bussava alle porte. Cercavamo tutte di tenerci alla larga e questo lo sapevano tutti. E la verità adesso deve venir fuori! Ce lo devono».
In passato anche un suicidio - Anche Claudia era stata messa in guardia: «Quando sono entrata nel comitato mi dicevano di fare attenzione perché non teneva le mani a posto. Ma avrebbero dovuto dirlo a lui di tenere le mani a posto! Quelle persone lì avrebbero dovuto aiutarlo a curarsi, mentre hanno fatto finta di nulla, lasciandolo andare avanti imperterrito a molestare decine di utenti donne. E non possono dire che non lo sapevano visto che già 20 anni fa ci fu un’educatrice che, prima di suicidarsi, denunciò per iscritto proprio alla dirigenza la piega che stavano prendendo le cose».
Poca chiarezza - Barbara punta il dito sulla mancanza di chiarezza e sul poco coraggio di chiamare le cose con il proprio nome: «Unitas è un’associazione che mi ha aiutato tantissimo quando ho perso la vista. Ci tengo a dirlo, anche se non è questo il punto. Lascia infatti esterrefatti che UNITAS e DSS, alla luce dei risultati dell’audit, stiano operando in questo modo. Ma come si può pensare che le stesse persone, alcune delle quali stanno nella dirigenza di Unitas da decenni, possano rimediare a quello che hanno fatto o non fatto? C’è poi da dire che noi dell’audit, a parte quello che è stato comunicato ai media, non sappiamo nulla. Cosa vuol dire: 'aggiornamento dell’organizzazione, ... conflitti di interesse, ... concentrazione di ruoli, ... porre rimedio alle carenze riscontrate ... assicurare un’aggiornata e più incisiva gestione'? Sembra che si faccia di tutto per evitare l’espressione 'molestie sessuali'. Come se non ci fossero vittime, perlopiù donne, dovute “alle carenze riscontrate nella gestione” di chi ancora oggi si arroga il diritto di gestire UNITAS».
«Hanno favorito la reputazione del molestatore» - Della stessa opinione anche Gabriele: «Brutto da dire, ma il problema è anche economico. UNITAS è un’associazione privata che beneficia di sussidi, ma anche di donazioni private. E si sente sempre più gente che si chiede se, alla luce di quanto emerso dall’audit, ha senso andare avanti a sostenere UNITAS. Questa è la conseguenza del fatto che anni fa, quando i casi più gravi sono emersi, presidenza e direzione hanno ritenuto prioritaria la protezione della reputazione del molestatore. Ora la storia si ripete: la priorità sembra essere la difesa degli interessi di pochi, senza nessuna comprensione né rispetto per le vittime. Che la gestione dell’intera faccenda sia opaca è evidente a tutti. Si figuri che in occasione dell’assemblea generale i giornalisti sono stati allontanati e le risposte alle nostre domande erano dispensate dall’addetto stampa dell’associazione. Una procedura comunicativa con i soci alquanto opaca, e di quest’opacità si stanno accorgendo anche i donatori».
«A molte domande poi non è stata data risposta, semplicemente le ignoravano», sottolinea Giancarla. «Difficile vedere un futuro con questo comitato» aggiunge Anita. Che continua: «Non sappiamo che cosa sia stato richiesto dal DSS. A sentire il presidente Vicari sembra che sia un problemuccio di tipo burocratico. Nessuno vuole ricordare il motivo che sta all’origine dell’audit. Oltre 20 anni di molestie». «La fiducia non c’è più; la dirigenza di Unitas se ne deve andare. Bisogna fare tabula rasa, sarà doloroso ma è l’unico modo di ripartire appoggiandosi su una base sana», conclude Claudia.